Federico Focher dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia pubblica la prima monografia in italiano dedicata al naturalista vittoriano che elaborò, indipendentemente dal più celebre ‘collega’, l’idea dell’evoluzione delle specie attraverso la selezione naturale.
Alfred Russel Wallace, naturalista vittoriano (1823-1913), è un nome ancora pressoché sconosciuto al grande pubblico, almeno nel nostro Paese. Eppure, vanta un primato straordinario: essere stato ‘l’altro uomo’ che scoprì la selezione naturale; ovverosia, colui che nel 1858 (un anno prima della pubblicazione dell’”Origine delle specie!”) gettò letteralmente nel panico Charles Darwin con un manoscritto nel quale sosteneva con sorprendente chiarezza e concisione l’idea, maturata indipendentemente dal ‘collega’, della trasmutazione delle specie attraverso la selezione naturale. “L’uomo che gettò nel panico Darwin” (Bollati Boringhieri) è proprio il titolo del libro di Federico Focher – ricercatore presso l’Istituto di Genetica Molecolare (Igm) del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia – che per la prima volta raccoglie compiutamente in italiano gli scritti autobiografici, naturalistici, antropologici e sociali di Wallace. Un testo rivolto non solo e non tanto agli storici della scienza ma, più in generale, agli appassionati di letteratura scientifica e naturalistica.
“Darwin ricevette il saggio di Wallace il 18 giugno 1858”, spiega Focher. “E capì subito che in quel manoscritto era esposta una teoria identica alla sua nel nucleo essenziale delle proprie idee, considerando i punti non perfettamente consonanti nulla più che sfumature di secondaria importanza. Il fatto sostanziale era che stava per perdere la priorità dell’idea sulla quale lavorava da vent’anni!”. In preda allo smarrimento, Darwin comunque “spedì subito il manoscritto al geologo e suo amico Charles Lyell, dal quale era stato già più volte esortato a pubblicare la sua teoria sulla selezione naturale prima che qualcun altro potesse precederlo”. La soluzione adottata, onestamente, fu quella di presentare in un’opera congiunta alcuni inediti di entrambi gli studiosi, il 1° luglio. “E’ opportuno però sottolineare che la selezione naturale venne intuita da Darwin intorno al 1838, vent’anni prima di Wallace, che infatti attribuì sempre il merito maggiore all’autore dell’”Origine delle specie”, uscito l’anno successivo”, precisa Focher.
Al di là della vicenda, il libro rende in modo vivo e coinvolgente proprio il clima di una attività scientifica cavalleresca, eclettica (Wallace spaziò dall’entomologia all’antropologia, geologia, glaciologia, agronomia, etc.) e appassionante. Alla teoria, unì una pratica naturalistica avventurosa, fatta di ricerche condotte in ambienti ‘estremi’ e drammatici naufragi, segnata da eventi curiosi come l’‘adozione’ di un cucciolo di orango e la ‘caccia’ agli Immagine – Il libroscarafaggi necessari per nutrire due pappagalli portati in Inghilterra dal Sudamerica. Un personaggio segnato da molte intuizioni ma anche ingenuità: fu un ‘ecologista’ ante litteram, un passionale socialista, un convinto spiritista, secondo il quale – aspetto che rende la sua ricerca ancor più interessante, considerato come l’evoluzionismo ancora accenda roventi polemiche culturali e confessionali – “l’evoluzione umana si inseriva in una concezione finalistica, volta alla creazione da parte di un Essere Superiore di una futura razza umana ‘perfetta’.
Una visione anacronistica che finì per trascinare nell’oblio la sua opera e la sua grande personalità”, osserva Focher. Ma Wallace fu anche un uomo dotato di una coerenza e di un coraggio da eroe avventuroso, che il libro mette in grande rilievo: “Appartenente ad un’epoca e a un immaginario la cui scomparsa, probabilmente, incide nello scarso interesse dei giovani di oggi verso gli studi scientifici”, conclude l’autore.