Vaccinarsi o non vaccinarsi, questo è il dilemma!

L’esitazione vaccinale è una tra le dieci maggiori minacce per la salute globale del 2019. Come annuncia l’Organizzazione mondiale della sanità, i dubbi legati a questo presidio sanitario rischiano “di invertire i progressi compiuti nella lotta contro le malattie prevenibili con il vaccino”. Perplessità e sospetti risalgano alla fine del XVIII secolo, con la sintesi del primo vaccino, ma si sono amplificati negli ultimi anni anche a causa della presenza online e sui social network di gruppi antivaccinisti, talvolta supportati da noti testimonial. Sui social, ai ‘mentori antivax’ e ai loro fan si contrappongono community che contrastano l’esitazione vaccinale attraverso la divulgazione di dati scientifici. La polarizzazione degli utenti in gruppi che non si confrontano con le opinioni diverse dalle proprie ma si organizzano in fazioni pro e contro, però, preclude la possibilità di una comunicazione efficace.

È quanto emerge dal saggio ‘Vaccinarsi su Facebook, analisi del dibattito sull’obbligo vaccinale’, presentato come tesi conclusiva al Master ‘La scienza nella pratica giornalistica’ dell’Università di Roma Sapienza da Grazia Battiato, relatore il giornalista scientifico Sandro Iannaccone. Il lavoro ha preso in analisi, in un arco temporale di 18 mesi, i post diffusi da sei pagine Facebook, quelle delle testate giornalistiche la Repubblica e Wired Italia, dei divulgatori scientifici Roberto Burioni e Salvo Di Grazia e degli antivaccinisti Stefano Montanari e Roberto Gava. L’esame ha riguardato sia i contenuti dei singoli post che le interazioni degli utenti attraverso tecniche di data mining, tra cui, l’analisi testuale, la Sentiment Analysis, cioè l’impatto emotivo che il contenuto genera sull’utente, l’engagement, ovvero il tasso di coinvolgimento del post. Inoltre, sono state oggetto di studio le fonti utilizzate dai gestori delle pagine Facebook, l’utilizzo di foto, video e link esterni, così come il linguaggio usato dagli utenti.

I risultati mostrano come gli utenti di Facebook tendano a rimanere confinati all’interno delle cosiddette “echo chamber”, ovvero casse di risonanza in cui notizie, commenti e articoli contribuiscono sempre di più ad amplificare una visione univoca e acritica di un determinato argomento. Inoltre, la comunicazione dei follower è spesso provocatoria e aggressiva nei confronti degli utenti con opinioni diverse: pro vax e anti vax, quindi, si configurano come due ‘fazioni’ separate, validando così quanto riportato nell’ultimo ‘Rapporto sul consumo d’informazione’ dell’Agcom e negli ultimi lavori di Walter Quattrociocchi, coordinatore del Laboratory of data science and complexity dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

La disinformazione online è un problema serio, come è indiscutibile la validità delle vaccinazioni quale strumento di prevenzione sanitaria, considerato il rapporto tra i benefici indiscutibili e il minimo rischio a esse connesso. Il problema sta quindi nell’approccio comunicativo più utile a convincere coloro che, spinti dalle fake news circolanti, sostengono posizioni diverse. Lo studio segnala, peraltro, una maggiore diffusione di contenuti dalle pagine di stampo antivaccinista, che costituiscono il 51% dei post raccolti, rispetto alle pagine dei giornali online (31%) e dei divulgatori (18%). Le notizie contrarie all’obbligo vaccinale descrivono le vaccinazioni come una pratica rischiosa, con argomentazioni essenzialmente relative a componenti del vaccino tossici o cancerogeni, all’inoculazione contemporanea di troppi vaccini e alla sottostima da parte delle autorità sanitarie degli effetti collaterali. Nessuna di queste preoccupazioni è validata da fonti scientifiche ufficiali, promosse dai singoli divulgatori con l’obiettivo di spegnere l’esitazione vaccinale. I link esterni proposti da questi ultimi sono, infatti, spesso associati a prestigiose riviste scientifiche (The Lancet, Vaccine, Nature), organismi di controllo della sanità pubblica, come i Center for desease, control and prevention e organi istituzionali, come l’Istituto superiore di sanità.

Il legame fra disinformazione e social network è fortemente dibattuto a livello internazionale. Facebook è il social network più usato al mondo, con oltre due miliardi di utenti e un flusso continuo e ininterrotto di informazioni: un formidabile moltiplicatore delle voci che possono influenzare la formazione dell’opinione pubblica, accanto alle fonti informative ufficiali. Non a caso, dal 2013, il World Economic Forum pone il pericolo globale di una massiccia disinformazione digitale in rapporto con altri rischi che vanno dal terrorismo agli attacchi informatici, fino al fallimento della governance globale.
Fonte: Almanacco della Scienza – CNR
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