Qual è stato il contributo dato dagli scienziati italiani alla formazione della nostra identità nazionale? Senz’altro quello offerto con la loro partecipazione ad associazioni, attività di ricerca e missioni internazionali. Ad esempio – come ci ricorda Waldimaro Fiorentino ne ‘Italia patria di scienziati’ – quando nel 1901 Guglielmo Marconi “varcava l’Oceano Atlantico con le onde sonore e collegava Europa e America con un segnale radiotelegrafico”, il New York Times titolò entusiasta alla “più meravigliosa conquista scientifica moderna”.
Marconi fu certamente una figura eccezionale da molti punti di vista. Presidente del Cnr dal 1927, rappresentò nel mondo lo spirito innovativo e anche il patriottismo italiano: visse a lungo in Gran Bretagna, dove fondò la società che porta il suo nome, ma come sottolinea Fiorentino, “rifiutò la cittadinanza britannica, che gli avrebbe fruttato anche il titolo di baronetto, per restare italiano”, e “consentì l’uso gratuito di tutti i suoi brevetti al Regio esercito e alla Regia marina”.
Durante la presidenza del Cnr, Marconi fu poi un sostenitore del lavoro di Enrico Fermi, il quale “annunciò la scoperta della radioattività provocata da neutroni” sulla rivista ‘La Ricerca Scientifica’, nel 1934. Certo, le sorti del fisico e il suo rapporto con la madrepatria furono ben diversi da quelli dell’inventore, ma il Nobel per la fisica ottenuto nel 1938 da Fermi resta comunque una pietra miliare della nostra storia scientifica.
Non va però dimenticato che, nel 1906, “Camillo Golgi fu il primo italiano a ottenere il premio Nobel”, e che tre anni dopo toccò proprio al trentacinquenne Marconi. In quegli anni in Europa si stabiliva un clima di maggiore attenzione alla scienza e nel 1918 fu istituito il Consiglio internazionale delle ricerche (Cir) da Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Belgio e Italia. Il nostro rappresentante al Cir, come ricorda Fiorentino, fu Vito Volterra che, “cresciuto nell’ultimo periodo del Risorgimento, manifestò presto un patriottismo fervente”, e durante la Grande Guerra “all’impegno bellico, unì sempre la sua attività scientifica; tra l’altro, sostenne la creazione di un Ufficio invenzioni e ricerche, che venne creato e trasformato, al termine del conflitto, nel Consiglio nazionale delle ricerche”, del quale Volterra fu il primo presidente.
L’impegno dei maggiori scienziati italiani ha insomma contribuito all’affermazione sul piano internazionale di una nazione allora giovane. Altre figure meno note hanno offerto contributi notevoli: tra queste, il presidente della sezione aeronautica del Cnr (1929-1943) Gaetano Arturo Crocco, ricordato da Fiorentino come personaggio poliedrico: uno “scienziato, realizzatore del primo dirigibile italiano, pioniere dell’aeronautica, della propulsione a razzo e dell’attività spaziale”, il quale “inventò e fece realizzare numerosi impianti e strumenti innovativi”.
(Fonte: Almanacco della scienza – CNR)
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