Nel secolo scorso la fotografia è diventata uno strumento fondamentale per la scienza consentendo di abbinare parole, dati e immagini. Edoardo Boncinelli, fisico e genetista, già ricercatore dell’Istituto di genetica e biofisica del Cnr, nel saggio “Vedere il mondo. Cinque lezioni su scienza e fotografia”, (Contrasto, pag.144, € 22,00) spiega l’importanza di questa forma di riproduzione nella ricerca.
Nel 1895 il fisico tedesco Wilhelm Röntgen si accorse che, se si poggiava una mano su una lastra fotografica in presenza di una sorgente di radioattività e poi la si sviluppava, nelle foto non appariva la mano, ma il suo scheletro. Da quella scoperta, che gli valse il premio Nobel per la fisica, milioni di persone sono state salvate grazie alle radiografie. Scienza e fotografia iniziano così un dialogo e una collaborazione a tutto campo: dalla biologia alla genetica, dalla medicina all’astronomia le immagini documentano il dato di ricerca, a volte lo svelano, altre lo confermano.
A conferma di questa centralità, l’autore cita anche l’osservazione al microscopio. Boncinelli sottolinea uno dei risultati più rilevanti nella storia della scienza italiana, la scoperta dei geni omeotici (o geni hox), che hanno una funzione di controllo su una serie di altri geni adibiti allo sviluppo del piano strutturale di un organismo, e che si presentano in maniera simile nei moscerini e nell’uomo. Dallo studio sul moscerino della frutta, Drosophila melanogaster, dalle sue osservazioni e ingrandimenti si sono potute osservare con chiarezza le mutazioni che possono verificarsi nel suo aspetto esterno. “In particolare, nel 1985, si scoprì che nell’uomo esistevano questi stessi geni. Non erano otto ma circa quaranta e il loro ruolo era molto simile, nonostante l’abisso di differenze esistenti tra il corpo di un essere umano e quello di un moscerino. La scoperta fu ancora più evidente quando si passò al cervello. A volte si dice scherzando avere un ‘cervello di mosca’ perché è infinitamente più piccolo del nostro, ma in realtà il cervello di un moscerino è composto, proprio come il nostro, di tre parti ed è controllato da tre geni che abbiamo in comune”.
E non solo: i geni Hox “attivi tutta la vita, sono centrali nei primi 14 giorni di vita di un embrione. Si attivano in modo sequenziale durante lo sviluppo embrionale, guidandolo. E proprio l’immagine, in questo caso il microscopio, ha permesso di capire come la donna contribuisca al patrimonio genetico del figlio, perché senza microscopio non si vedevano gli ovuli, né si immaginava la loro esistenza: si pensava che fosse importante solo il seme maschile”.
Ma la fotografia non ha una valenza scientifica e di testimonianza solo nello studio dell’uomo. Basti pensare al caso delle immagini che raccontano il volo degli uccelli, permettendo di studiarne i percorsi migratori e le loro abitudini nell’ecosistema. Attraverso l’osservazione delle immagini si può inoltre monitorare lo stato del Pianeta e verificare per esempio, comparando lo stesso luogo a distanza di tempo, il ritirarsi dei ghiacciai a causa del surriscaldamento climatico.
L’immagine fotografica ha donato forme e colori brillanti anche a batteri, virus e cellule, permettendoci di visualizzare traiettorie e comportamenti di oggetti invisibili. Grande, infine, è stata l’importanza della fotografia a partire dall’800 nel restituirci i ritratti degli scienziati che altrimenti non avremmo conosciuto, in quanto non era comune realizzare quadri o ritratti degli uomini di scienza, come si usava fare per gli artisti o per i politici.
“Se vogliamo, possiamo dire che la scienza da una parte e la fotografia dall’altra costruiscono o inventano il mondo. La prima mostrandoci cose nuove e spesso discretamente inverosimili, la seconda facendole diventare familiari. Scoprire e visualizzare: ecco il senso del binomio scienza e fotografia”, conclude Boncinelli.
Patrizio Mignano
Fonte: Edoardo Boncinelli, già ricercatore dell’Istituto di genetica e biofisica
Per saperne di più: Almanacco della Scienza