Al SANA il metodo di produzione biologica, difeso da Cesara Buonamici, vince l’ideale processo contro il metodo tradizionale sostenuto dal giornalista Guido Barendson. Negli alimenti biologici è presente una maggior quantità di sostanza antiossidanti. I controlli sul biologico sono efficaci.
Alla fine ha vinto il metodo di produzione “bio”, come era scontato che fosse: è questo il verdetto del singolare processo, che si è svolto nella cornice della quindicesima edizione di SANA, grazie al riuscito esperimento di comunicazione e divulgazione delle tematiche legate al bio, ideato dall’INRAN (Istituto Nazionale per la Ricerca degli Alimenti e la Nutrizione) e dal Salone Internazionale del Naturale svoltosi a Bologna.
Tutt’altro che scontata, invece, la reale competenza dei due “testimonial” chiamati a dar voce rispettivamente all’avvocato della difesa e alla pubblica accusa: la giornalista televisiva Cesara Buonamici del TG5 e il collega Guido Barendson, storico conduttore di Linea Verde (giudice Gianni Cavinato, segretario di ACU, Associazione Consumatori Utenti). Produttrice di olio biologico la Buonamici, esperto di agricoltura e gastronomo Barendson, i due giornalisti televisivi hanno saputo animare un vero e proprio confronto all’americana che è andato ben al di là delle esigenze di “copione”, riuscendo a dare risposte chiare ed esaustive su un filone (quello di un’alimentazione più rispettosa della salute e del benessere) che interessa sempre più. Differenti, ovviamente, i punti di vista di accusa e difesa.
Per Barendson quella del “bio” è solo una moda, cresciuta molto a causa delle fobie collettive alimentari (dalla mucca pazza al pollo alla diossina). Ma – secondo Barendson – il sistema di produzione “bio” non sarebbe in grado di fornire reali garanzie. Per la toscana Buonamici, il metodo di coltivazione biologico non è frutto di una moda passeggera, ma è la riscoperta dell’unica pratica che ha permesso all’uomo di sopravvivere, dalla preistoria agli inizi del ‘900 (quando poi la rivoluzione industriale ha cambiato le carte in tavola). “Sono contenta che sia finita la “festa” dei contributi europei per le aziende biologiche – afferma la Buonamici – perché così resterà nel settore solo chi è veramente interessato. E noto con piacere che sono sempre più i giovani”. Al di là delle due differenti posizioni, lo scontro Buonamici-Barendson all’interno del Palazzo dei Congressi della Fiera di Bologna (per l’occasione allestito come una vera aula di Tribunale) è servito per fare chiarezza su cinque importanti momenti del biologico: le produzioni vegetali, le produzioni animali, la qualità nutrizionale dei prodotti, la sicurezza degli alimenti, il sistema di controllo da parte degli organismi certificatori.
Per spiegare ognuno di questi punti è stato chiamato come “testimone” uno studioso o un tecnico del settore. Sicuramente uno degli spunti più interessanti è emerso sul fronte della qualità organolettica e nutrizionale degli alimenti. Flavio Paoletti, ricercatore dell’INRAN, sulla base degli studi esistenti (che purtroppo sono ancora pochi) ha parlato di una sostanziale parità tra biologico e tradizionale dal punto di vista organolettico (dunque dei profumi e dei sapori), ma ha aggiunto che negli alimenti biologici è riscontrata una maggior presenza di sostanze antiossidanti, fondamentali per combattere i radicali liberi e prevenire malattie gravi a carico dell’apparato cardiocircolatorio o forme tumorali. Altro punto importante, la vexata quaestio dell’efficacia dei controlli sul biologico. Ha rassicurato tutti la testimonianza di Lino Nori, presidente FIAO (Federazione Italiana Agricoltura Organica): “Le nostre certificazioni costituiscono una forma di controllo in più rispetto a quelle previste per l’agricoltura tradizionale alle quali comunque anche il produttore biologico deve sottostare”.
Per saperne di più: SANA