Sale: il benessere e l’istruzione ne determinano il consumo

La differenza del consumo di sale nelle Regioni italiane è attribuibile alle diseguaglianze di ordine socioeconomico tra le diverse aree geografiche del nostro Paese. Queste differenze nel consumo di sale sono molto significative a livello di popolazione in quanto, traducendosi in differenze nei valori pressori e nella tendenza allo sviluppo di ipertensione, conducono a variazioni importanti dei livelli di rischio cardiovascolare. I dati pubblicati in una nuova ricerca, pubblicata su British Journal of Medicine, che dimostra che le differenze geografiche nel consumo di sale in Italia, significativamente più alto al Sud, sono legate alle importanti diseguaglianze economiche e sociali tra le regioni meridionali e quelle centro-settentrionali 

La differenza del consumo di sale nelle Regioni italiane è attribuibile alle diseguaglianze di ordine socioeconomico tra le diverse aree geografiche del nostro Paese. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato oggi su British Journal of Medicine e realizzato nell’ambito del Programma MINISAL-GIRCS, dal quale era stato rilevato che il consumo di sale nella popolazione italiana adulta è significativamente maggiore nelle regioni del Sud in confronto a quelle settentrionali e centrali.
In particolare in Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata il consumo medio si attesta oltre gli 11 grammi al giorno contro valori inferiori ai 10 grammi in tutte le altre regioni. “Questo studio ci fornisce indicatori importanti per la costruzione di strategie mirate di informazione e prevenzione delle malattie cardiovascolari – afferma Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – e va nella direzione auspicata dal WHO che indica proprio nella riduzione del consumo di sale alimentare uno degli obiettivi prioritari di queste strategie“.
Quest’ultimo studio, nato da un team di cui fanno parte anche i ricercatori dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare dell’ISS, indica, in particolare, che le persone occupate in lavori manuali presentano un consumo di sale decisamente maggiore di coloro che sono impegnati in ruoli amministrativi e manageriali; così pure avviene, in relazione al grado di istruzione, per coloro che hanno conseguito soltanto il diploma di scuola primaria rispetto ai possessori di un diploma di scuola secondaria o di un titolo universitario. Queste differenze sono risultate indipendenti dall’età, dal sesso e da altri possibili fattori confondenti.
Queste differenze nel consumo di sale sono molto significative a livello di popolazione in quanto, traducendosi in differenze nei valori pressori e nella tendenza allo sviluppo di ipertensione, conducono a variazioni importanti dei livelli di rischio cardiovascolare.
Lo studio ha valutato il consumo alimentare di sodio e di potassio in un campione nazionale di popolazione generale adulta. Il campione utilizzato per la presente analisi era costituito da 3857 uomini e donne, di età compresa fra 39 e 79 anni, campionati a caso in 20 regioni nell’ambito di un’indagine nazionale su un più vasto campione condotta tra il 2008 ed il 2012 dall’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’ANMCO-HCF (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri-Fondazione per il Tuo Cuore).
L’assunzione di sodio e di potassio è stata stimata attraverso la misurazione dell’escrezione dei due elettroliti nelle urine delle 24 ore. I valori sono stati posti in relazione allo status socio-economico, in termini di livello di istruzione e di condizione occupazionale.
Sono stati costruiti modelli spaziali e socioeconomici di assunzione di sodio e di potassio, tenuto conto di potenziali fattori confondenti di ordine socio demografico, antropometrico e comportamentale.
I risultati hanno mostrato l’esistenza di un significativo gradiente nord-sud di escrezione di sodio; i partecipanti residenti nelle regioni del Sud Italia (in particolare, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia) presentano un consumo di sale stimato superiore in media a 11 grammi al giorno, significativamente superiore a quello della maggior parte delle regioni del Nord e Centro Italia. E’ stata rilevata un’associazione lineare tra livello di occupazione ed escrezione urinaria di sodio (maggiore consumo di sale per coloro che svolgono lavori manuali) ed una relazione simile è stata trovata tra escrezione di sodio e livello di istruzione (maggiore consumo di sale per coloro che presentano un minore livello di istruzione). In definitiva, Il gradiente socioeconomico ha spiegato in larga parte la disomogeneità nella distribuzione geografica del consumo di sodio.
Per quanto riguarda l’escrezione di potassio, questa è risultata in generale insufficiente rispetto alle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), comunque più alta nelle regioni centrali e in alcune regioni del sud rispetto al Nord Italia anche se il gradiente socioeconomico in questo caso spiegava solo in piccola parte la variazione spaziale.
In conclusione: il consumo di sale in Italia è in media circa il doppio e quello di potassio largamente inferiore rispetto alle raccomandazioni dell’OMS. Il consumo di sale è significativamente maggiore negli strati di popolazione a più basso livello occupazionale e di istruzione, con una maggiore concentrazione al Sud. Inoltre, la stima di un basso consumo di frutta e verdura indica un allontanamento dal modello tipico di alimentazione mediterranea.

Il Programma MINISAL-GIRCSI è stato sostenuto dal Ministero della Salute nell’ambito del programma “Guadagnare Salute”. Lo studio è nato dal Gruppo di Lavoro per la Riduzione del Consumo di Sale in Italia (Menosalepiusalute) in collaborazione con l’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare/Health Examination Survey dell’Istituto Superiore di Sanità e ANMCO-Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri.

Allo studio hanno collaborato, tra gli altri, il Prof. Pasquale Strazzullo, Direttore del Centro di Eccellenza per l’Ipertensione Arteriosa presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, responsabile del Programma MINISAL e senior author della ricerca; il Prof. Franco Cappuccio, Ordinario di Epidemiologia Cardiovascolare all’Università di Warwick (UK) e primo autore dello studio e la Dr.ssa Simona Giampaoli, Responsabile dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare dell’Istituto Superiore di Sanità.