Sarà la paura di sbagliare, la pressione dei pazienti e dei loro familiari, i turni massacranti, sta di fatto che i medici e gli operatori sanitari dell’area emergenza-urgenza hanno un livello di stress psicofisico elevato.
Soffre di stati d’ansia il 16,4% dei medici e il 20% degli infermieri, ma frequenti sono anche gli stati depressivi (a lamentarli è circa un operatore su dieci). Il rischio è il ‘burn out’ (esaurimento da lavoro). I dati sono emersi da un’indagine promossa dall’Emergency Medicine and Care Academy (AcEmc), presentata al Policlinico Gemelli.
“È stato stimato che nelle ore di punta, mentre un medico di reparto visita un paziente durante il giro visite, un medico di pronto soccorso ne ha già presi in consegna sette e di questi ne tiene in trattamento la metà”, spiega in una nota Nicolò Gentiloni Silveri, direttore del Dipartimento di emergenza e accettazione dell’ospedale romano. “I medici rischiano di ‘bruciarsi’ e di contrarre quella sindrome depressiva che produce un lento logoramento psicofisico. Ma il burnout può anche generare disamore per un’attività che invece è di grande interesse e gratifica il medico che l’ha scelta, se svolta in condizioni di maggiore serenità”.
L’indagine ha rilevato che, in una giornata particolarmente impegnativa, sono molti i medici (58,7% degli intervistati) e gli infermieri (54,7%) preda di forte fatica mentale. La stanchezza si manifesta nella stragrande maggioranza degli infermieri (96%) entro le prime quattro ore di servizio. Per il 60,9% di loro la postazione di lavoro più stressante in pronto soccorso è il ‘triage’, poichè assegnare i codici di priorità rende facile bersaglio di pazienti e parenti.
È emerso anche che quasi l’8% di medici e infermieri ha fatto ricorso più volte agli psicofarmaci per far fronte a situazioni di disagio o malessere psicologico. Inoltre, il 12,7% dei medici e il 9,6% degli infermieri riconoscono di andare incontro frequentemente a stati depressivi. Occasionalmente si presentano pure disturbi dell’apparato cardiocircolatorio e del comportamento alimentare; più frequentemente disturbi dell’apparato muscoloscheletrico, gastrointestinale e alterazioni del sonno. Il turno più ‘pericoloso’ è la notte, quando le risorse a disposizione di ospedali e medici sono minori e ci si sente più soli.
Ciò può creare, soprattutto nei più giovani, ancora più ansia, col rischio di commettere errori. Comunque, una grande passione li lega alla professione di ‘medici Er’, tanto che, nonostante questi disagi, oltre la metà di loro non cambierebbe ambito lavorativo all’interno della professione.
(Fonte: Almanacco della Scienza)
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