La pratica contemplativa – preghiera e meditazione – non è solo una metodologia per coltivare la propria spiritualità, ma, stando a numerosi studi scientifici che si susseguono da decenni, anche una vera e propria terapia per il benessere psico-fisico, tanto che si parla ormai di prayer therapy. “Gli studi dimostrano che la ripetizione di parole sempre uguali che contengono un messaggio positivo aumenta il livello di serotonina nel sangue, l’ormone del buon umore, abbassa i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, migliora il ritmo cardiaco, allenta le tensioni muscolari, rinforza le difese immunitarie e induce la mente a uno stato di quiete”, spiega Roberto Volpe, ricercatore medico del Servizio prevenzione e protezione (Spp) del Cnr.
Uno degli studi più recenti pubblicato quest’anno su ‘Plos One’ ha analizzato 26 volontari che non avevano mai pregato o meditato in maniera regolare. Dopo otto settimane di esperimento, ossia 10-20 minuti al giorno di sedute, preghiere ed esercizi di respirazione, sono emerse modifiche nel profilo genetico dei soggetti. “Gli studiosi hanno osservato un miglioramento dell’attività dei mitocondri (organuli intracellulari che producono l’energia di cui ha bisogno il nostro organismo) e della regolazione della glicemia, una minor produzione di radicali liberi e dei fattori pro-infiammatori, entrambi, questi ultimi, alla base del nostro invecchiamento e delle patologie cardiache, cerebrali e tumorali”, prosegue Volpe.
Uno studio pubblicato sul ‘British Medical Journal’ ha dimostrato inoltre che recitare il rosario influisce positivamente sul cuore, consentendo di abbassare il ritmo cardiaco e respiratorio con una miglior ossigenazione del sangue e riduzione della pressione arteriosa. “In sostanza recitare questa preghiera”, precisa Volpe, “riduce gli atti respiratori da una media generale di 14 a 6 al minuto, favorendo una sincronizzazione del respiro con il ritmo del cuore e della circolazione sanguigna”.
Un’altra ricerca condotta dall’Istituto di sanità statunitense ha dimostrato invece come le donne che pregano regolarmente abbiano una probabilità del 50% in meno di sviluppare decadimento cerebrale e demenza. Secondo gli esperimenti condotti con risonanza magnetica sin dagli anni ’90 dal neuroscienziato Andrew Newberg e poi confermati da successivi esperimenti tramite Spect (tomografia computerizzata a emissione di singolo fotone), questa pratica mette in moto delle precise aree del cervello, favorendo memoria, apprendimento e percezione di unità e benessere. “I benefici della prayer therapy appaiono indipendenti dal tipo di fede”, conclude il ricercatore del Cnr. “Un lavoro condotto dall’Università del Missouri, in cui sono stati esaminati pazienti di fede cristiana (cattolica e protestante), ebraica, islamica e buddista, ha infatti dimostrato come il livello di spiritualità e non il tipo di fede fosse associato a una minore ansia/depressione e a un maggiore apertura verso gli altri”.
(Fonte: Almanacco della scienza – CNR)
Per saperne di più: Almanacco della scienza – CNR