Una ricercatrice dell’Istc si confronta con un collega universitario sul ‘gossip’ in un seminario del Dipartimento Identità culturale del Cnr. Per dimostrare che si tratta di un comportamento universale e che attribuire la reputazione al pensiero comune riduce i conflitti sociali.
Si è tenuta a Roma, presso l’Aula Piaget dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Consiglio nazionale delle ricerche (via San Martino della Battaglia 44), un seminario su ‘Le virtù del pettegolezzo’ con Rosaria Conte, ricercatrice dell’Istc-Cnr, e Flaminio Squazzoni, del dipartimento di Scienze sociali dell’Università di Brescia. L’incontro, moderato da Cristiano Castelfranchi, si svolge nell’ambito dei seminari di divulgazione scientifica organizzati dal Dipartimento Identità culturale del Cnr sotto il titolo ‘Ricerche a confronto’.
Il tema è dunque il gossip, così di moda in questo periodo, visto però dai due studiosi non come qualcosa di dannoso ma, anzi, quale una forma di comunicazione utile a garantire un certo grado di ordine sociale. “Dal punto di vista dell’evoluzione biologica e culturale, le società umane”, spiega Rosaria Conte, “si sono allargate nel tempo in tempi e dimensioni nettamente superiori rispetto ad altre specie vicine, come ad esempio dei primati”. Le condizioni per realizzare tale crescita sono “l’intensificazione dei rapporti di scambio e cooperazione e il controllo di comportamenti negativi, quali la truffa e l’inganno (cheating). Tutto ciò si rende possibile mediante la costruzione di una particolare forma di conoscenza sociale: la reputazione”.
Normalmente, però, si ritiene che il pettegolezzo sia una comunicazione tesa solo a minare la reputazione altrui. Gli studi della ricercatrice dell’Istc-Cnr, invece, smentiscono tale assunto: “Trasmettendo la reputazione tramite il pettegolezzo, cioè riportando un’opinione non a titolo personale, bensì attribuendola al pensiero diffuso”, precisa Conte, “la fonte evita di assumersi la responsabilità di quanto dice e, di conseguenza, si sottrae a eventuali ‘rappresaglie’ e ‘faide’ che potrebbero a loro volta produrre altri comportamenti aggressivi, reciproci e reiterati. In tale modo gli uomini sono dunque riusciti a controllare il cheating, aumentando al contempo la dimensione dei gruppi sociali”.
Per avere una conferma empirica di questa teoria, si è prima di tutto verificato dalla letteratura scientifica che la reputazione è, fra le istituzioni sociali primordiali, quella più universale, esaminando alcuni aspetti evoluzionistici ed etologici del pettegolezzo. “Inoltre”, prosegue la ricercatrice, “si è sperimentato il modello di circolazione della conoscenza sociale attraverso la reputazione e il pettegolezzo su computer, in popolazioni di agenti artificiali, verificando anche in laboratorio che la diffusione delle informazioni mediante il gossip funziona e limita l’‘inganno’ più del modello che prevede l’assunzione diretta di responsabilità rispetto alle informazioni trasmesse”.
Gli esperimenti condotti con decisori umani in laboratorio da Flaminio Squazzoni, dell’Università di Brescia, hanno dimostrato inoltre che, nell’effettuare scelte in campo economico, in cui normalmente si enfatizza la scelta razionale, gli individui sono influenzati fortemente dalla reputazione e dal gossip. “Dal punto di vista del sistema sociale nel suo complesso”, spiega Squazzoni, “la reputazione e i ‘rumors’, pur introducendo a volte, informazioni erronee e ‘bufale’, sembrano sorreggere le capacità di esplorazione dei soggetti nel prendere decisioni economiche anche rischiose e incrementano la tendenza alla cooperazione e alla fiducia fra gli operatori del mercato”.
I seminari de ‘Il Dipartimento Identità culturale e l’università. Ricerche a confronto’ intendono intensificare il dialogo tra Cnr e mondo accademico affrontando argomenti di attualità dal taglio trasversale e interdisciplinare.
Per saperne di più: Consiglio Nazionale delle Ricerche