Il peso ideale per salvaguardare il cuore? E’ quello che si ha a 20 anni di età suggeriscono le statistiche e il legame – ampiamente documentato – tra l’aumento del peso corporeo e problemi cardiovascolari.
“Lo studio più importante finora pubblicato”, osserva il dottor Alfredo Quiñones Galvan ricercatore dell’Unità di metabolismo e nutrizione all’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa, “si fonda su un campione di oltre un milione di cittadini statunitensi, seguiti nel corso di 14 anni, e ha come riferimento l’indice di massa corporea (Imc: il rapporto tra peso e altezza, al quadrato, di un individuo). Il peso associato alla maggiore longevità è situato fra 20.5 e 24.9 kg/m2 di Imc per entrambi i sessi. Nonostante le cause del rapporto peso-mortalità non siano ancora note i dati fanno pensare che il peso ideale di un soggetto possa essere proprio quello che si ha 20 anni di età”.
Altre malattie sono più frequenti nel paziente obeso rispetto al magro.
“L’ipertensione è tre volte più frequente. Anche l’ipertrofia cardiaca del paziente obeso è in parte correlata alla presenza di ipertensione, ma è comune nel paziente obeso anche in assenza di pressione alta anche se i meccanismi responsabili della comparsa di aritmie sono poco chiari: tra le ipotesi vi sono le alterazioni funzionali del sistema simpatico-parasimpatico e alcuni cambiamenti strutturali come l’alterazione morfologica della cellula miocardica, la presenza di fibrosi, le modifiche al sistema di conduzione dovuta all’ipertrofia”.
Particolarmente significativi sono i dati relativi agli effetti della terapia anti-obesità sul rischio cardiovascolare. “Recentemente”, aggiunge Quiñones, “è stato dimostrato che la chirurgia dell’obesità praticata in pazienti con Imc superiore ai 40kg/m2 diminuisce significativamente la mortalità, a 10 anni dall’intervento, rispetto a chi non è calato di peso. Nei pazienti obesi con insufficienza cardiaca la riduzione calorica, accompagnata da restrizione del sodio, porta a notevoli e veloci miglioramenti della funzione ventricolare.
Al di là dell’intervento chirurgico, è infatti sufficiente una lieve riduzione del peso corporeo (5-10%) per far diminuire drasticamente la tolleranza al glucosio e prevenire la comparsa del diabete conclamato in più della metà dei soggetti a rischio. Una riduzione di 10 kg in obesi con ipertensione può normalizzare la pressione arteriosa in circa il 75% dei pazienti. Gli studi sugli effetti del dimagrimento moderato sul profilo lipidico hanno ugualmente dimostrato che una perdita di peso moderata (2-6 kg) e mantenuta per almeno un anno è associata a diminuzioni significative dei trigliceridi circolanti”.
“Questi risultati”, conclude il ricercatore dell’Ifc-Cnr, “sottolineano l’importanza della riduzione di peso, anche moderata, nel controllo e nella prevenzione dei fattori di rischio cardiovascolare. Anche se i dati non sono ancora disponibili, è estremamente probabile che un dimagrimento moderato attraverso la dieta possa ridurre significativamente la mortalità cardiovascolare. E in grado superiore a qualunque terapia farmacologica”.
(Fonte: Almanacco della Scienza, CNR)
Per saperne di più: Consiglio Nazionale delle Ricerche