Scoperto un nuovo meccanismo d’azione degli antitumorali: uno studio dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha identificato le conseguenze sulle cellule dei danni prodotti al Dna da farmaci contro il cancro, aprendo la strada a nuove terapie. La ricerca è stata pubblicata su “Cancer Research”.
L’analisi della risposta cellulare ai danni sul DNA è essenziale per poter comprendere la tossicità e l’efficacia delle attuali terapie antitumorali che nella maggior parte dei casi agiscono proprio sul DNA. Un importante passo avanti in questa direzione arriva dal gruppo di ricerca coordinato dalla dr.ssa Alessandra Montecucco presso l’Istituto di Genetica Molecolare (Igm) del Consiglio Nazionale delle Ricerche a Pavia, che ha studiato proprio la risposta cellulare al trattamento con farmaci impiegati nella terapia dei tumori. I risultati ottenuti durante la caratterizzazione della risposta al trattamento delle cellule con farmaci impiegati nei protocolli di chemioterapia, sono stati pubblicati sulla rivista “Cancer Research”.
Con lo studio dell’Igm-Cnr viene rilevato per la prima volta che “una particolare classe di farmaci antitumorali (che produce rotture del DNA mediate da enzimi chiamati DNA topoisomerasi), ha un effetto sulle cosiddette ‘fabbriche replicative’ che sono particolari strutture presenti nel nucleo delle cellule e sono deputate alla replicazione del DNA”, spiega la dr.ssa Montecucco. “Questo effetto sulle fabbriche replicative dipende da particolari meccanismi di controllo della crescita delle cellule detti ‘checkpoint’. Dopo il trattamento con i farmaci, se i checkpoint svolgono la loro normale funzione, le ‘fabbriche replicative’ spariscono impedendo la proliferazione delle cellule tumorali. L’aver identificato i meccanismi che controllano la scomparsa delle fabbriche replicative consentirà di individuare nuovi farmaci da impiegare in terapia. Inoltre questa ricerca ha permesso di sviluppare un test rapido, affidabile e visivo che può venir applicato per lo screening di nuovi farmaci e per l’ottimizzazione delle strategie terapeutiche da utilizzare sui pazienti affetti da malattie genetiche che coinvolgono i sistemi di checkpoint. Questi pazienti infatti presentano una elevata predisposizione all’insorgenza di tumori e rispondono diversamente alle terapie antitumorali.
La ricerca costituisce un importante risultato dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Pavia, che già ha visto nelle scorse settimane la pubblicazione di altre due ricerche: il 15 dicembre scorso, sempre su Cancer Research, i risultati della ricerca diretta dalla dottoressa Chiara Mondello sulla cute di un ultracentenario, e sull’ultimo numero di Molecular Cell, un articolo sull’osservazione dello splicing alternativo, curato dal dottor Giuseppe Biamonti.
L’Igm-Cnr, nella persona del direttore Silvano Riva, ha anche ottenuto un finanziamento dalla Fondazione Cariplo per le ricerche tese a comprendere come alterazioni in geni pathways, deputati all’integrità del genoma, possano influenzare il fenotipo patologico, l’efficacia delle terapie tumorali e la progettazione di nuove molecole bioattive che permettano di disegnare nuove strategie per eliminare selettivamente le cellule tumorali.