Altaf Tyrewala
Traduzione: Gioia Guerzoni
Collana: I Narratori – Feltrinelli
Pagine: 136 Prezzo: Euro 13
Diciotto milioni di abitanti, quattordici lingue, otto religioni, capitale economica e culturale del subcontinente indiano, prototipo delle megalopoli post industriali del Terzo mondo: Altaf Tyrewala dà voce alle anime di Bombay. “Un esordio spumeggiante, un primo romanzo sicuro di sé, pieno di verve e di talento, scritto con intelligenza, delicatezza e profonda umanità, che dà alla luce un ritratto vivido e memorabile del suo mondo.” Salman Rushdie
Il libro
Nessun dio in vista ricorda una pièce tragicomica o un videoclip a più voci ambientato in una frenetica Bombay. Attraverso lo sguardo dei numerosi personaggi delineati con tratti sicuri, Tyrewala descrive una variegata umanità alle prese con il quotidiano, che si confronta con il peso della tradizione, le derive del progresso, la povertà, l’imposizione o l’assenza dei valori, gli scontri religiosi e i dubbi esistenziali.
Il libro si apre con l’autoritratto della signora Khwaja, un tempo poetessa capace di attardarsi ore e giorni sulle metafore più sottili, adesso ridotta al silenzio dal suo ruolo di angelo del focolare, moglie e madre immersa ventiquattr’ore al giorno nei suoi compiti e messa a tacere dal brusio del condizionatore e della tv.
Prende la parola il signor Khwaja, che dichiara di non riconoscere più sua moglie dopo ventisei anni di matrimonio, di non trovare più poesia nella loro vita, racconta del figlio Ubaid, che vive perennemente connesso a Internet, e della figlia Minaz, mai a casa. Entra in scena Ubaid, per lui la casa è sua madre che gli propina cibo, suo padre che borbotta, rimprovera e si lamenta, sua sorella, che di fronte a tutto questo fugge via, mentre lui stesso si rifugia in Rete, alla ricerca di altri come lui.
Incontriamo Minaz, è incinta, ma ci spiega subito che sta andando ad abortire, accompagnata dal fidanzato che si premura più che altro del fatto che i genitori non lo vengano a sapere. Ma c’è anche il racconto del medico, che la società condanna perché pratica aborti. Si sente un benefattore, uno che aiuta le esistenze degli altri, le voci dei non nati lo perseguitano, anche se poi riesce a metterle sempre a tacere. E così via, quasi trasportati da una brezza divina, o come in una corsa a staffetta, i lettori assistono alle vicende grandi e piccole, pubbliche o private di santoni in crisi, mendicanti, cinici reporter, commercianti, poliziotti, gangster e un’infinità di altri personaggi, tutti intenti a interpretare come possono le loro vite su quel meraviglioso e ribollente palcoscenico che è Bombay.
“Tyrewala ci presenta dei destini umani. La sua narrazione crea, con sorprendente leggerezza, un gigantesco vortice dove sono inghiottiti non solo i suoi personaggi ma anche, dopo pochi paragrafi, i lettori.”
Martin Lüdke, “Die Zeit”
“Un romanzo ad alta velocità, scoppiettante d’energia e pungente umorismo mentre sfreccia sullo sfondo del paesaggio di Bombay. Il tipo di libro che consiglierete ai vostri amici e insisterete a farglielo leggere.”
Manil Suri, autore di La morte di Vishnu