Uno studio dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Consiglio nazionale delle ricerche disegna gli scenari futuri positivi e immagina le misure politiche adeguate per un’Italia al 2030: dagli anziani alle pari opportunità, dal federalismo al no profit, le priorità da affrontare in una società molto diversa da quella attuale.
Nel 2030 invecchiare non sarà più un problema, e la tecnologia ricoprirà una fondamentale importanza per il miglioramento delle condizioni di vita degli over 65 che vivono da soli. Il modello di società italiana futura vedrà sparire anche la tradizionale divisione dei ruoli maschili e femminili, senza più tipologie da proteggere né indirizzi da seguire nell’ambito familiare. Sarà, in sostanza, un’Italia diversa dal passato, che “rifiuta molti dei valori e dei principi che hanno fatto parte della tradizione del nostro paese, con donne attive, che lavorano e si impegnano, e padri che collaborano all’educazione dei figli”.
Sono queste alcune delle previsioni che un panel di esperti, tutti anonimi e mai in contatto diretto tra loro, provenienti dai mondi della cultura, della politica, dell’arte, dell’economia e dell’organizzazione sociale hanno delineato in una serie di interviste confluite nello studio “Il tempo è dalla nostra parte, scenari per l’Italia al 2030”, curato dai ricercatori dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr. Uno studio nel quale i 15 esperti hanno ‘dialogato a distanza’, facendo emergere quelli che, secondo la maggioranza di essi, rappresentano gli obiettivi di politica sociale prioritari per i prossimi decenni: gli anziani, il loro inserimento sociale e la loro cura nel caso non siano autosufficienti, la famiglia, la fecondità e i ruoli di genere. “Nel 2030 invecchiare non sarà più un problema” afferma la coordinatrice della ricerca Rossella Palomba. Gli esperti hanno delineato un 2030 in cui “l’attuale scenario pensionistico sarà superato attraverso la creazione di attività più fluide e adatte a un individuo con minore forza fisica, ma comunque attivo”, in cui quindi “gli anziani produrranno reddito, ma non in concorrenza con i giovani” e il lavoro condiviso, sarà diventato una realtà che unisce le diverse generazioni. Anziani che, “grazie a una tecnologia di estrema fruibilità, miglioreranno considerevolmente le proprie condizioni, specie gli ultrasessantacinquenni soli, in uno scenario in cui la robotizzazione delle abitazioni sarà alla portata di tutti”.
Una sezione della ricerca, denominata ‘questioni controverse’, ha riguardato alcuni temi che caratterizzano oggi il dibattito politico-sociale italiano. Dal ‘referendum’ tra gli esperti sono scaturite sette normative che si configurano come determinanti nella società del 2030. In ordine di priorità, è risultato fondamentale consentire il passaggio graduale e volontario dall’attività lavorativa alla pensione. La flessibilità in uscita si configura secondo il panel come la questione più urgente, confermando l’attenzione per la terza età che si rileva anche dalla richiesta di agevolazioni e sostegno per le famiglie nel mantenimento degli ultrasessantacinquenni a carico (al quinto posto nella graduatoria).
Molta attenzione è stata posta anche ai limiti sulle nuove scoperte della ricerca in campo biogenetico, con il divieto alla clonazione umana (secondo posto in ordine di priorità), ma anche con l’introduzione del ricorso all’eutanasia (ottavo posto) e con il consenso nel considerare l’aborto un diritto e non un reato. Mentre sul tema del federalismo, nell’opinione dei quindici esperti, due aree sono da mantenere sotto il controllo statale: l’istruzione e il piano sanitario. Fra le sette normative urgenti, compaiono anche le misure per il terzo settore, il no profit e in generale il volontariato. Tra le misure di welfare vengono segnalati il reddito minimo garantito, il sostegno alle coppie con più figli e la deducibilità delle spese sanitarie sostenute in strutture private. “Sul fronte della famiglia” sottolinea Palomba “gli esperti hanno avuto un atteggiamento cauto e un po’ ambiguo: da un lato vengono bocciate le prospettive di una società in cui tutte le forme familiari siano riconosciute e garantite”, dall’altro viene rifiutata l’idea che si debba “rafforzare e sostenere la famiglia tradizionale” o diffondere tra i giovani una cultura del lavoro e della famiglia. Gli indirizzi indicati risentono della composizione equilibrata e culturalmente trasversale del panel anche dal punto di vista delle “pari opportunità”. Se è ‘out’ agevolare i padri nella costituzione del rapporto con i figli, è ‘in’ valorizzare l’educazione della prole come compito solidale di uomo e donna. Se la tendenza generale è contro la centralità della prospettiva di genere nell’azione politica, altrettanto superate vengono considerate le misure per sviluppare una società con ruoli maschili e femminili distinti e sostenere il lavoro domestico e le donne che desiderano fare solo le mogli e madri. Ad essere considerate il cuore dello sviluppo della società futura sono però la maggiore presenza di donne e madri nel mercato del lavoro, la piena occupazione e la maggiore visibilità delle donne nei luoghi decisionali.
“Per la costruzione degli scenari futuri”, conclude la ricercatrice dell’Irpps, “abbiamo utilizzato il metodo Delfi, una tecnica largamente utilizzata che aiuta a trovare soluzioni a problemi complessi, potenziando la comunicazione all’interno di un panel e nello stesso tempo limitando il potere di influenza di ciascun individuo. A questo metodo abbiamo abbinato il metodo appreciative inquiry che suggerisce di indagare la realtà con una prospettiva positiva. La nostra indagine Delfi è trainata da sogni piuttosto che da problemi. Per questo gli scenari ottenuti sono la sintesi dei desideri espressi dai panellisti, circolati all’interno del panel, adattati fino a diventare condivisi e sostenuti da una verifica della loro fattibilità”.