Assumere meno proteine potrebbe ridurre il rischio di sviluppare alcune forme tumorali che non sono associate all’obesità, quali il cancro alla prostata e il tumore della mammella nelle donne in età premenopausale. Lo studio è stato condotto alla Washington University School of Medicine in St. Louis (Usa) e coordinato da Luigi Fontana, del Dipartimento di Sanità alimentare ed animale dell’ISS, pubblicato sul numero di dicembre dell’American Journal of Clinical Nutrition.
“Prevenire le malattie cronico-degenerative associate agli scorretti stili di vita ed implementare strategie in grado di promuovere un successful aging (invecchiamento ottimale) è una sfida importante per il futuro e uno degli obiettivi della ricerca del nostro Istituto, tanto più che è sempre più evidente come l’incremento della vita media della popolazione italiana non sia accompagnato da un parallelo miglioramento della qualità di vita – spiega Enrico Garaci, Presidente dell’ISS – Proprio per questo motivo, apriremo all’ISS un Centro, dotato di una sorta di ‘cucina metabolica’, di una palestra e di ambulatori, dove studiare i meccanismi attraverso cui una corretta alimentazione e l’esercizio fisico rallentano l’invecchiamento di organi e tessuti nell’uomo e prevengono le malattie croniche-degenerative in soggetti che non hanno ancora subito danni organici irreversibili”.
I ricercatori hanno preso in esame tre gruppi di individui pareggiati per età e per sesso: 21 vegetariani crudisti che assumevano una media giornaliera di 0.73 grammi di proteine per chilogrammo di peso corporeo, 21 atleti specializzati nella corsa di resistenza, allenati a percorrere poco meno di 80 km alla settimana e nella cui dieta erano compresi 1.6 grammi di proteine giornaliere per chilogrammo di peso corporeo e un gruppo di persone sedentarie che assumevano una tipica dieta americana con 1.23 grammi di proteine per chilo di peso.
“La stretta correlazione tra alimentazione e alcune delle più comuni forme di cancro è un’ipotesi abbastanza fondata – afferma Luigi Fontana, ricercatore dell’ISS e coordinatore dello studio –. I meccanismi, tuttavia, attraverso cui i diversi alimenti promuovono o proteggono dal cancro non sono ancora chiari. E’ ormai assodato che le persone in sovrappeso ed obese hanno un aumentato rischio di sviluppare il cancro del colon, dell’endometrio, del rene, dell’esofago e della mammella soprattutto dopo la menopausa. Esistono tuttavia due forme tumorali che non sono associate all’eccessivo accumulo di grasso: il cancro alla prostata e il tumore della mammella nelle donne in età premenopausale”. Dalla ricerca è emerso che una dieta ipoproteica potrebbe essere in grado di proteggerci da queste forme di cancro più dell’esercizio fisico, indipendentemente dalla quantità di grasso corporeo.
“Nel corso della nostra indagine abbiamo constatato che sia gli individui che praticavano da lungo tempo un regime alimentare caratterizzato da un basso apporto proteico nell’ambito di una dieta relativamente ipocalorica, sia gli atleti, abituati a svolgere attività fisica con regolarità e precisione, mostravano un basso contenuto di grasso corporeo e di conseguenza dei valori più bassi d’insulina, di testosterone libero e di citochine pro-infiammatorie. Ma, cosa più importante, abbiamo visto che solo i soggetti che seguivano una dieta ipoproteica avevano una riduzione dei livelli dell’IGF-1, un importante fattore di crescita che accelera la proliferazione sia delle cellule normali che di quelle mutate. E’ ben nota, d’altra parte, la forte associazione tra livelli plasmatici di IGF-1 e il rischio di sviluppare cancro alla mammella in pre-menopausa, cancro alla prostata e al colon. Alcuni dati su animali da esperimento suggeriscono che livelli più bassi di IGF-1 siano anche associati ad un aumento della vita massima”.
“L’apporto proteico giornaliero corretto secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe essere di 0.8 grammi/Kg/die di proteine, che è molto simile a quello che gli individui che seguono la dieta ipoproteica arruolati nello studio mangiano, mentre molti americani e molti italiani mangiano 1.2-1.6 grammi/Kg di proteine al giorno – afferma Fontana – cioè mangiano circa il 30 – 50% in più di ciò che è raccomandato dagli esperti. “E’ ormai chiaro che se aumentiamo del 30-50% rispetto al fabbisogno le calorie introdotte giornalmente diventiamo obesi” continua il ricercatore – “tuttavia, paradossalmente, non sappiamo cosa succede se mangiamo cronicamente più proteine di quelle che sono necessarie per mantenere un bilancio azotato neutro”. “La mia ipotesi, che deve ovviamente essere confermata da altri studi – dice il ricercatore – è che un prolungato ed eccessivo consumo proteico possa aumentare il rischio di sviluppare alcune forme di cancro, e persino accelerare i processi d’invecchiamento”.
“Il problema è che nei paesi industrializzati, e purtroppo ora anche in quelli in via di sviluppo, non si mangiano quantitativi sufficienti di verdura, legumi, cereali integrali e frutta” – conclude Fontana – “di conseguenza la nostra dieta si compone troppo spesso prevalentemente di prodotti di origine animale (carne, formaggio, uova e burro), cereali eccessivamente raffinati e zuccheri semplici, che a lungo andare sono deleteri per la salute perché estremamente calorici e perché troppo ricchi di proteine e sale, caratteristiche queste che costituiscono potenti fattori di rischio per l’obesità addominale, per il diabete, per l’ipertensione arteriosa, per le malattie cardiovascolari e per taluni tipi di cancro”.
Per saperne di più: Istituto Superiore di Sanità