Il metallo è presente nei pesci dei nostri mari in quantità maggiori di quelle riscontrate nella fauna ittica dell’Atlantico. Ma il rischio è globale: circa 4.500 le tonnellate annualmente rilasciate in atmosfera, di cui 2.250 da attività industriali. I Paesi asiatici contribuiscono per il 40%. I dati in un volume curato da Nicola Pirrone dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr.
“Il Mediterraneo è interessato da fenomeni di inquinamento da mercurio comparabili (e spesso ben maggiori) a quelli riscontrati nelle acque atlantiche. Ad aggravare la situazione sono anche i cambiamenti climatici che influenzano in modo determinante i tempi di residenza in atmosfera del mercurio. La forte irradiazione solare, le elevate concentrazioni di ozono e di particolato atmosferico creano, infatti, una ‘miscela’ che provoca la formazione di mercurio reattivo, ossia più facilmente trasferibile dall’atmosfera alle acque superficiali del Mediterraneo. Per molto tempo è stata un’emergenza ignorata, benché nel corso degli ultimi 15 anni la comunità scientifica internazionale e gli Enti preposti alla tutela e alla salvaguardia della salute pubblica abbiano mostrato una crescente attenzione agli effetti dannosi derivanti da tale inquinamento”. Nicola Pirrone, dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr di Rende (CS), illustra alcuni dati del volume Dynamics of Mercury Pollution on Regional and Global Scales – Atmospheric Processes and Human Exposures around the World” di prossima uscita, edito da Springer-Verlag di New York, di cui è il curatore. Il libro raccoglie, tra gli altri, i risultati delle ricerche condotte dall’ Iia – Cnr negli ultimi otto anni, nell’ambito di una serie di progetti internazionali ed europei riguardanti l’inquinamento da mercurio nelle regioni del Mediterraneo, dell’Artico e dell’Antartide. Dalla comparazione dei dati risulta un’anomalia che necessita di ulteriori indagini per meglio comprendere il ciclo di questo metallo nel sistema marino: “Mentre nel Mediterraneo la concentrazione nell’acqua risulta inferiore a quella dell’Atlantico “spiega Pirrone “ nei pesci del mare nostrum la concentrazione è superiore a quella della fauna ittica atlantica”.
Le cifre contenute nel volume danno l’esatta dimensione dell’allarme lanciato a livello mondiale, anche in relazione al crescente sviluppo dei Paesi dell’Est asiatico, dove mancano misure per il controllo ambientale. “Attualmente su scala globale” spiega Pirrone “vengono rilasciate in atmosfera circa 4.500 tonnellate annue di mercurio, di cui 2.250 derivanti da attività industriali e il resto da sorgenti naturali. Il trend è in crescita, soprattutto nei Paesi asiatici che complessivamente contribuiscono per il 40% delle emissioni globali: circa 1000 tonnellate all’anno. Una volta in atmosfera, questo metallo si deposita sui corpi recettori terrestri e acquatici, determinando un notevole impatto sulla catena alimentare. Il ‘Position Paper sul Mercurio’ preparato per la Commissione Europea, (http://www.europa.eu.int/ comm/environment/air/), da cui sono derivate la ‘Strategia Europea sul Mercurio’ e la relativa ‘Direttiva Europea sulla Qualità dell’Aria’, ha evidenziato la gravità del problema. Basti ricordare i disastri di Minamata in Giappone (1953-1960), in Iraq (1956-1960) e, in anni recenti, nel triangolo industriale di Priolo-Agusta-Melilli, che hanno rivelato quanto terribili possano essere gli effetti della dispersione del mercurio. Questo metallo è impiegato massicciamente anche nei processi produttivi (es. impianti di soda caustica) e come componente di base di una vasta gamma di beni di largo consumo (es. dispositivi elettronici, termometri, materiale ospedaliero)”.
I primi casi documentati di inquinamento da mercurio risalgono già alla prima metà dell’800, durante ‘la febbre dell’oro’ esplosa in Nord America, ma ancora diffusa in molti Paesi produttori d’oro come Laos, Vietnam, Brasile, Tanzania e Venezuela.
“Il libro” conclude Pirrone “fornisce un quadro completo ed esaustivo sui vari aspetti inerenti i processi dinamici che influiscono sul ciclo del mercurio in atmosfera su diverse scale spaziali e temporali. Vengono esaminati: l’impatto del metallo sugli ecosistemi acquatici e terrestri e le metodiche sviluppate negli ultimi anni per la caratterizzazione chimio-fisica di campioni. Sono inoltre presi in considerazione i maggiori meccanismi di esposizione e i rischi che ne conseguono per diversi gruppi di popolazione, nonché i possibili rimedi di tipo legislativo e tecnologico, e le carenze conoscitive che sarà necessario colmare nei prossimi anni”.