Il fenomeno dell’autodiagnosi è in crescita, favorito anche dalla diffusione delle tecnologie dell’informazione. Il cosiddetto ‘dottor Google’ trova i suoi antenati nelle enciclopedie mediche degli anni Sessanta e Settanta, che hanno portato in molte case nozioni fino a quel momento sconosciute. Il fenomeno è però esploso con l’avvento di Internet.
“L’autodiagnosi può essere pericolosa innanzitutto perché interferisce nel rapporto del medico con il paziente, che può essere influenzato nel descrivere i sintomi e nel seguire la cura. Per ovviare a tali problemi è importante la fiducia nel rapporto tra i due”, afferma Fernando Ferri dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr.
È quindi sbagliato interrogare il web per decidere autonomamente una cura? “In Internet è necessario fare riferimento alle informazioni fornite da centri di rilevanza internazionale. Purtroppo sul web molte notizie sono false oppure hanno solo fini commerciali. Su temi delicati come la salute sarebbe necessario un controllo maggiore della qualità dell’informazione, anche da parte delle istituzioni”, continua Ferri.
In quest’ottica l’Irpps-Cnr partecipa a Ic-Heath, che coinvolge 14 tra università ed enti di ricerca appartenenti a otto paesi dell’Ue. Il progetto europeo, rivolto a ragazzi, donne in gravidanza, anziani e persone affette da diabete, vuole creare un nuovo modello di alfabetizzazione digitale per diffondere, tramite corsi online, comportamenti e stili di vita più salutari.
“Ic-Heath utilizza un approccio basato sulla co-creazione, anche con il contributo dei cittadini che portano le loro esperienze personali. Dal progetto è risultato che la principale ragione che spinge a cercare informazioni su Internet (44%) è avere maggiori notizie sulla propria malattia rispetto a quelle fornite dal medico”, spiega Patrizia Grifoni dell’Istituto Cnr. “Al secondo posto (32%) c’è la necessità di verificare l’esperienza di persone che vivono la stessa condizione e, in questo senso, i social network rappresentano un’importante fonte di informazione utilizzata. La terza motivazione che spinge il 22% a rivolgersi a Internet è il bisogno di verificare l’indicazione fornita dal medico perché si pensa che il consiglio del dottore non sia necessario”.
Dall’indagine emerge quindi la necessità di verificare l’esperienza di persone che vivono la stessa condizione di malattia tra le motivazioni principali che spingono a consultare Internet.
(Fonte: Almanacco della scienza – CNR)
Per saperne di più: Almanacco della scienza – CNR