Anche se le malattie cardiovascolari, il morbo di Alzheimer ed il cancro andranno a scomparire, l’aspettativa di vita umana alla nascita non riuscirà ad abbattere il tetto dei cento anni entro questo secolo.
Questo è quando dichiarato da un gruppo di ricercatori durante l’annuale congresso della “American Association for the Advance of Science” (Associazione Americana per il Progresso Scientifico), svoltasi a San Francisco il 20 febbraio scorso. Anche se molte malattie potranno essere curate, l’uomo non potrà fare molto contro l’inesorabile processo dell’invecchiamento. Il precedente rapporto dell’Associazione, risalente al 1990, aveva concluso che una ragionevole stima riguardante l’aspettativa di vita umana non potesse superare gli 85 anni di media (83 per gli uomini, 88 per le donne). Dieci anni dopo, anche se i progressi della scienza e della medicina offrono buone possibilità di prolungamento della vita per un numero sempre maggiore di individui, le stime riguardanti l’umanità nel suo complesso rimangono sostanzialmente invariate. Sempre secondo questa analisi, l’aspettativa di vita alla nascita potrebbe raggiungere i 100 anni nel XXII secolo in Francia ed in Giappone, mentre per gli Stati Uniti si dovrà aspettare addirittura fino al XXVII secolo! Rassegniamoci, dunque: nonostante la mappa del genoma umano, non ci sono prove atte a sostenere proclami esageratamente ottimistici per una nostra vita ultracentenaria. Le leggi della fisica valgono per noi come per le nostre auto: invecchiare è inevitabile.
L’alcol, killer dei giovani
Una ricerca pubblicata dalla World Health Organisation rivela che l’alcol è la prima causa di morte giovanile in Europa. Più di 55.000 giovani tra i 15 e i 29 anni muoiono ogni anno in conseguenza di incidenti d’auto, avvelenamenti, suicidi, omicidi, tutti collegabili direttamente o indirettamente all’alcool. I ricercatori hanno dichiarato che l’alcol non possiede alcun effetto benefico nei giovani, auspicando la realizzazione di urgenti misure per ridurre questa piaga sociale. In particolar modo è stata richiesta maggiore severità nei confronti delle pubblicità riservate agli alcolici. Negli ultimi quindici anni, i giovani sono diventati un target importante per il mercato dei prodotti alcolici, ed enormi risorse vengono spese per influenzare il loro comportamento; per questo, riuscire a trasmettere un atteggiamento equilibrato e sano nei confronti dell’alcol diventa sempre più arduo. È indispensabile informare il pubblico sui reali rischi dell’alcol, presentandolo non soltanto come strumento di piacere e di convivialità, ma anche di morte.
Un’analisi del sangue “predice” l’obesità
Una semplice analisi del sangue potrebbe presto essere in grado di prevedere se un bambino avrà da adulto problemi di peso, dichiarano gli esperti. Questo esame è già stato sperimentato in laboratorio sui ratti, mettendo in luce quali soggetti diventeranno obesi se nutriti con un equivalente per roditori di hamburger illimitati, patatine e pollo fritto. Rimane ancora da dimostrare che lo stesso avvenga sugli esseri umani, ma i ricercatori sono rimasti impressionati dalle forti analogie presenti nei processi di funzionamento dell’appetito e dell’aumento di peso tra uomini e ratti. La ricerca riguarda il legame tra cibo ad alto contenuto di grassi e aumento di peso. I ricercatori sono convinti che un’eccessiva presenza di grassi nell’alimentazione (più del 30 per cento dell’assunzione giornaliera di calorie) sia la causa immediata di un aumento del peso perché indurrebbe il corpo ad immagazzinare una quantità maggiore di grassi e stimolerebbe un desiderio di assumerne quantità sempre maggiori. Tale sistema, che poteva essere d’aiuto alla sopravvivenza delle persone quando il cibo era cronicamente scarso, conduce ad una diffusa obesità oggi che i cibi pieni di grassi e le bevande zuccherate sono alla portata di tutti. L’abbondanza di cibo per gli uomini è, infatti, un fenomeno piuttosto recente, risalente agli ultimi due secoli. Rendere nota alle persone la loro tendenza all’obesità prima che essa si manifesti potrebbe dunque essere un utile strumento di prevenzione, un segnale di pericolo. Se l’analisi fosse applicabile anche sull’uomo, una grave malattia sociale come l’obesità potrebbe essere prevenuta, in quanto si potrebbe rilevare sin dalla giovane età una nostra predisposizione alla pinguedine.
Rischio BSE per i suini: studi inattendibili
In merito alle notizie riguardanti un ipotetico rischio di Bse anche per i suini, pubblicate in Germania e riportate in Italia, l’Istituto Superiore di Sanità informa che lo studio cui si fa riferimento per valutare se il suino sia recettivo all’agente della BSE è stato realizzato su un gruppo di soli 10 animali; l’esperimento, che ha dato un esito in parte positivo, è stato realizzato in condizioni sperimentali particolarmente “spinte” impiegando cioè direttamente l’inoculazione intracerebrale, ossia la forma di contagio diretto, inesistente in natura; in condizioni “di campo”, cioè di normale alimentazione e allevamento, non è mai stato riscontrato nel suino alcun caso di Encefalopatia Spongiforme Trasmissibile.