Il padre del Futurismo italiano, contrappone ‘l’insonnia febbrile all’‘immobilità penosa, l’estasi ed il sonno’. Chissà se concordano con Marinetti le tante persone che lamentano spesso di non dormire bene, a sufficienza o di non riuscire a prendere sonno, con effetti immediati e visibili: stanchezza, nervosismo, cefalea, irritabilità.
Talvolta si tratta di problemi semplici da risolvere, ma spesso le motivazioni sono di più difficile soluzione e richiedono l’intervento del medico. “Russare in modo intenso e risvegliarsi improvvisamente con una sensazione di soffocamento sono sintomi tipici della sindrome da apnea ostruttiva nel sonno (Osas)”, spiega Giuseppe Insalaco, ricercatore dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare (Ibim) del Cnr di Palermo. “Il russamento è sempre stato considerato un fenomeno fastidioso, oggetto più di ironia che degno di attenzione dal punto di vista medico. Oggi è chiaro come possa essere la spia di importanti disturbi respiratori e cardiocircolatori durante il sonno, che possono avere conseguenze sulla vita di relazione causando sonnolenza diurna, e costituire fattori di rischio per la comparsa di malattie cardiovascolari, come l’ipertensione arteriosa, l’ictus e l’infarto del miocardio”.
L’Osas è dovuta a un’alterazione della meccanica delle vie aeree superiori (faringe) nella fase di inspirazione: l’aria non entra a sufficienza nei polmoni e ciò comporta una riduzione dell’ossigenazione e improvvisi risvegli alla ricerca di aria. “Alle apnee fa seguito un breve periodo di iperventilazione, contrassegnato da forte russamento, e che si associa a un disturbo della struttura del sonno”, aggiunge il ricercatore.
La sindrome, non sempre riconosciuta tempestivamente, colpisce circa il 3 per cento della popolazione italiana ed è più frequente fra gli uomini, si manifesta più spesso in soggetti in soprapeso e di età compresa tra i 30 e i 70 anni. Ma non è rara nei bambini con ipertrofia delle adenoidi e delle tonsille.
Studi recenti hanno permesso di mettere a punto idonee terapie. Quella più utilizzata è la ventilazione notturna con pressione positiva continua per via nasale (Cpap). “Si somministra solitamente attraverso una maschera nasale, erogando un flusso di aria a pressione costante generato da un apparecchio che preleva l’aria dall’ambiente circostante”, spiega Insalaco. “Se la pressione dell’aria raggiunge un livello sufficiente, mantiene le vie aeree aperte, prevenendo l’insorgenza delle apnee e del russamento, correggendo così quasi sempre i sintomi e annullando l’aumentato rischio cardiovascolare”.
Particolari tipi di Cpap sono rappresentati dalle cosiddette ‘auto-Cpap’, con cui la pressione dell’aria erogata non viene regolata manualmente, ma dagli apparecchi stessi, di cui i ricercatori dell’Ibim-Cnr di Palermo stanno approfondendo i vantaggi e l’efficacia terapeutica. “Recentemente il nostro gruppo di ricerca”, conclude Insalaco “ha sviluppato un nuovo metodo in grado di evidenziare e misurare la collassabilità delle vie aeree superiori durante la veglia, con una tecnica non invasiva, semplice e veloce”. Questa nuova metodica consentirebbe attraverso la applicazione per pochi secondi di una pressione sub atmosferica attraverso la bocca, l’identificazione di soggetti a rischio di apnee ostruttive nel sonno facilitando la prevenzione di incidenti stradali e sul lavoro a cui questi soggetti, a causa della sonnolenza diurna e dei deficit neurocognitivi, sono più a rischio.
(Fonte: CNR – Almanacco della Scienza)
Per saperne di più: Almanacco della Scienza