Le ondate di calore in Europa sono in aumento, causando un incremento del 57% delle persone esposte rispetto al decennio 2000-2009. Specialmente nelle aree urbane, gli impatti di questi eventi estremi sono particolarmente pronunciati a causa delle strutture urbane che causano il cosiddetto effetto isola di calore ( urban heat island): lo stress termico derivante dalle ondate di calore è la principale causa di morti premature legate al clima in Europa.
Quali soluzioni per le ondate di calore nelle città
Tra le soluzioni più efficaci vi è lo sviluppo di infrastrutture verdi urbane, che rappresentano una delle migliori Nature Based Solutions (NBS – soluzioni che replicano processi naturali) per mitigare il surriscaldamento nelle città e fornire servizi ecosistemici. Tuttavia, la capacità di beneficiare di questi servizi di green cooling da parte dei cittadini è ancora relativamente sconosciuta.
Un nuovo studio pubblicato su Nature Cities – che ha coinvolto ricercatori e ricercatrici da tutta l’UE tra cui, per l’Italia il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (CMCC) – ha esaminato l’“ingiustizia ambientale” che sta alla base dell’accesso alle soluzioni di green cooling in quattordici grandi aree urbane europee, tra cui Firenze e Roma, utilizzando indicatori socioeconomici. Per lo studio è stato sviluppato un approccio innovativo per valutare l’esposizione dei cittadini allo stress termico basato su una combinazione di dati micrometeorologici, dati satellitari e modelli di simulazione.
“In tutte le aree urbane analizzate, i cittadini residenti a più basso reddito, quali gli inquilini, gli immigrati e i cittadini disoccupati, hanno maggiori difficoltà di accesso ai servizi di green cooling a causa della sfavorevole conformazione urbanistica e sociale di molte città europee”, afferma il ricercatore del CMCC e coautore dello studio Giacomo Nicolini. Al contrario, i residenti ad alto reddito, i cittadini nazionali e i proprietari di case hanno usufruito di una fornitura di raffreddamento superiore alla media.
Differenze sociali e capacità di adattamento, i punti critici
Alcune delle città oggetto di questo studio sono state selezionate perché ospitano siti di misurazione degli scambi di energia e di gas serra, come il sito dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze gestito dal Cnr, che fornisce questo tipo di misurazioni da quasi vent’anni e fa parte della rete ICOS (Integrated Carbon Observation System ), l’infrastruttura europea di riferimento sul ciclo del carbonio. Sia il CMCC sia il Cnr sono, infatti, coinvolti attivamente nella raccolta e nell’elaborazione dei dati della rete europea di ICOS, e nel network nazionale ICOS Italia, oltre all’Ecosystem Thematic Centre – ETC, gestendo diversi siti e la catena di elaborazione e convalida dei dati di tutta la rete internazionale.
“Questo studio ci mostra che la differente capacità di adattamento ai cambiamenti climatici non è solo una questione tra Paesi ad alto e basso reddito, ma riguarda anche le differenze sociali all’interno delle ricche regioni e città europee. Gli interventi mitigativi basati sulle Nature Based Solutions dovranno assolutamente tenere in debito conto la dimensione sociale oltre a quella ambientale, con analisi integrate e multidisciplinari ad elevato dettaglio spaziale”, conclude Beniamino Gioli, ricercatore dell’Istituto di Bioeconomia del Cnr di Firenze (Cnr-Ibe).
La Rete ICOS
La Rete ICOS è un’infrastruttura di ricerca europea sui gas serra: produce collezioni standardizzate di dati di concentrazione e flussi gas serra e calore misurati da ecosistemi terrestri e marini in circa 150 stazioni di misura, tra cui il sito di Firenze (IT-OXm) impiegato in questo studio. Le collezioni di dati sono disponibili gratuitamente attraverso il portale dati ICOS Data Portal ( https://data.icos-cp.eu). In particolare, i dati di flusso e meteorologici relativi ad ambienti terrestri sono prodotti dall’ ICOS Ecosystem Thematic Center coordinato dal CMCC e dall’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo. Nel loro insieme queste collezioni costituiscono la base sia della ricerca scientifica sulle complesse interazioni tra l’ambiente naturale e urbano e l’atmosfera, sia per le decisioni degli stakeholder. Sito web https://www.icos-cp.eu/.
ICOS Italia consiste di 24 stazioni, di cui 15 per l’ecosistema, 5 l’oceano e 4 per l’atmosfera. Inoltre, ICOS Italia, insieme ad ICOS Belgio e Francia, ospita anche l’Ecosystem Thematic Centre (ETC). Le stazioni dedicate all’ecosistema coprono i territori più tipici dell’Italia: diversi tipi di foreste, campi coltivati, e macchie di arbusti. Le stazioni atmosferiche sono localizzate nel nord dell’Italia, come sulle Alpi, e nell’isola di Lampedusa, nel Mar Mediterraneo. Le stazioni che monitorano l’oceano sono situate nel Mar Adriatico e nel Mar Ligure.
Nella rete italiana si trova l’Osservatorio integrato di Lampedusa, l’unica stazione in tutto il network che raccoglie simultaneamente informazioni relative ai tre domini di interesse. ICOS Italia è coordinato dalla Joint Research Unit (JRU), nata dalla collaborazione di 15 enti italiani, tra Università, istituti di ricerca ed altri enti: Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), Università degli Studi della Tuscia, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) della Val d’Aosta, Provincia Autonoma di Bolzano, Fondazione Edmund Mach (FEM), Università degli Studi di Sassari, Università degli Studi di Padova, Università degli Studi di Genova, Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto Nazionale Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), Libera Università di Bolzano, Università degli Studi di Udine, Ricerca sul Sistema Energetico – RSE S.p.A., Università di Chieti-Pescara G. d’Annunzio. https://www.icos-italy.it/
Fonte: CNR