Nel solco dei lavori precedenti, Eugenio Borgna ci guida lungo un nuovo itinerario interiore alla riscoperta di stati d’animo ed emozioni che ci parlano di quello che si svolge nella nostra psiche e nella nostra anima, e insieme sono le chiavi per accedere al cuore delle esperienze degli altri, in psichiatria come nella vita quotidiana.
Il libro
Questo libro è indirizzato alla ricerca delle emozioni perdute: le emozioni che curano e quelle che, nel dolore e nella follia, anelano a essere riconosciute; le emozioni che, gracili e segrete, si colgono nella gioia e nel silenzio; le emozioni che si intravedono nella luce degli occhi e nei vasti quartieri della memoria; le emozioni che sono matrici di poesia. Sono emozioni che questo testo intende fare riemergere nella loro verità psicologica e umana, e nell’importanza che esse hanno per la conoscenza di sé e per lo svolgimento di relazioni interpersonali dotate di senso. Sono emozioni che fanno parte della vita normale e della vita psicopatologica.
Eugenio Borgna
Collana: Universale Economica Saggi
Pagine: 224 Prezzo: Euro 9,00
Premio di Filosofia Viaggio a Siracusa 2009
“la Repubblica” , 24/06/2009
Luciana Sica , Il tempo della gioia e quello della felicità
Le penombre della malinconia, le angosce senza oggetto, il sentimento della nostalgia, le ossessioni della colpa, le ferite dell’ansia, i rimpianti, le attese, le intermittenze del cuore: sono i temi – sempre uguali e sempre diversi – che ama trattare Eugenio Borgna, con una sua cifra personalissima. Nel capitolo più sorprendente del suo nuovo libro – Le emozioni ferite – l’autore si avventura invece in un territorio del tutto inedito rispetto al suo abituale lavoro di introspezione, e più in generale pochissimo esplorato, scavando nell’esperienza improvvisa e fragilissima della gioia. Da sempre molto si è pensato e si è scritto sulla condizione della felicità, ma non sull’immediatezza e sull’intemporalità della gioia che brucia in un istante, “nel presente del presente agostiniano”, o anche – scriveva in una lettera Rilke – “La felicità ha il suo contrario nell’infelicità, la gioia non ha contrario, per questo è il più puro dei sentimenti”. È Borgna a ricorrere alle citazioni, e nelle sue pagine si affastellano, ma l’uso che ne fa non è mai vanesio. Per restituire il “nocciolo metafisico” dell’esperienza emozionale della gioia è al Diario di Etty Hillesum che rimanda, a un documento straordinario pubblicato da Adelphi negli anni Ottanta. L’autrice olandese, uccisa ad Auschwitz, ha scritto pagine segnate da quella che Borgna definisce “la nostalgia dell’infinito”, sempre interna all’emozione della gioia. Anche in un campo di concentramento, Etty è misteriosamente capace di viverla, sorretta da una sua incredibile forza intima: “Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni, non veda il dominio della morte, sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e questo spicchio di cielo ce l’ho nel cuore, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è così”. Del resto “le emozioni ferite” non sono soltanto quelle enigmatiche e apparentemente indecifrabili della vita psicopatologica ma anche quelle della più normale quotidianità, tenute però spesso segrete: sono comunque stati d’animo che chiedono di essere compresi e riconosciuti, dimensioni essenziali della condizione umana, anche forme e modalità della conoscenza – secondo il pensiero moderno. In questo suo nuovo scavo nell’interiorità, Borgna insiste molto sull’aspetto temporale di ogni singola emozione, di ogni movimento dell’anima. Scrive: “Quando si parla di tempo non ci si riferisce, ovviamente, al tempo dell’orologio ma al tempo soggettivo, al tempo vissuto: il tempo interiore della speranza è il futuro come quello dell’attesa, il tempo interiore della nostalgia e della tristezza è il passato, benché con incrinature diverse, il tempo della gioia è il presente così friabile e così inafferrabile, il tempo dell’ira è il presente dilatato, e deformato, in slanci di aggressività, il tempo dell’ansia è il futuro: un futuro che si rivive come già realizzato nelle ombre dolorose di una morte vissuta come imminente”. A metà tra il saggistico e il letterario, tra il rigore dell’analisi e il virtuosismo del linguaggio, Le emozioni ferite di Eugenio Borgna sembrano il nuovo tassello di un’opera che si presenta sempre più coerente al suo interno, quasi un corpus unico, seppure aperto, un viaggio a tappe nei paesaggi della vita interiore, nei significati profondi della malattia e in certi nuclei psicotici della normalità – nelle condizioni comuni dell’esistenza umana che sfuggono alle classificazioni diagnostiche. Alla soglia dei settantanove anni, ancora “primario emerito” dell’Ospedale Maggiore di Novarae libero docente all’università di Milano, Borgna non ha mai smesso di coniugare certe sue personali inquietudini con i gusti intellettuali dell’umanista idiosincratico all’algore degli specialismi – conoscendo Proust e Tolstoj, Sylvia Plath e Antonia Pozzi, Heidegger e Lévinas almeno quanto Jaspers e Binswanger. Non si tratta solo di un suo modo di pensare il dolore psichico, ma anche di un suo modo di stare al mondo, ed è in questo connubio che si rintraccia l’assoluta singolarità della scrittura di Borgna, così ostile al grigiore dei tecnicismi, quel piacere di esprimersi in un linguaggio apertamente metaforico, capace di restituire l’intensità degli affetti. Oltre alla competenza professionale dello psichiatra, si coglie la sensibilità acutissima di un uomo estraneo alle varianti intellettuali del cinismo: è intatta la sua passione per l’umanità più sofferente, non si è affatto arresa al disincanto e neppure alle sciatterie culturali di quella psichiatria “organicista”, oggi dominante, che lui non esita a definire barbara.