Eugenio Borgna Collana: Campi del sapere – Feltrinelli
Pagine: 216 Prezzo: Euro 16
L’attesa e la speranza come grandi metafore della vita.
Il libro
La lettura di questo nuovo libro di Eugenio Borgna ci conduce in un territorio fin qui solo suggerito nei suoi precedenti lavori, ma che tutti sembra contenerli e aprirli a una luce più intensa e a una comprensione più profonda: la dimensione del tempo. Del tempo non astratto o misuratore, ma del tempo vissuto e delle sue figurazioni nell’anima. Del tempo dell’attesa e della speranza come strutture portanti della condizione umana, ma anche del tempo della noia e della malinconia, della maternità e della giovinezza, dell’angoscia e delle esperienze psicotiche. La dimensione temporale delle esperienze, e non solo di quelle psicopatologiche, contribuisce a fare riemergere gli elementi profondi della vita interiore e della vita emozionale e, in particolare, a coglierne il senso nella sofferenza, quando il tempo vissuto si frantuma e non ci sono più attese e speranze.
Il libro si apre su un intenso ricordo autobiografico, sul racconto emozionante di un giovane medico al suo primo ingresso nel vecchio ospedale psichiatrico, all’incontro con un’amica della prima giovinezza qui rinchiusa, alla scelta di una vita. Si snoda in un discorso ai confini della psichiatria clinica, nel cuore di una psichiatria dell’interiorità che rivendica fondamenti comuni alla vita psicotica e non psicotica, recuperando e ricostruendo, in un ininterrotto colloquio con l’arte, la poesia, la grande narrativa e la parola dei pazienti, gli elementi psicologici e umani della follia, al di là di ogni elemento clinico. Nell’ultima parte del libro, l’insieme delle riflessioni e delle esperienze man mano delineate confluiscono nella psicoterapia, in cui la dimensione dell’attesa e della speranza diventano una componente essenziale del dialogo tra chi cura e chi è curato.
Il mondo è una prigione
Guglielmo Petroni Contributi: Stefano Giovanardi
Collana: Universale Economica Feltrinelli
Pagine: 144 Prezzo: Euro 6,5
A sessant’anni dalla Liberazione, un racconto resistenziale e un diario di prigionia che conserva tutto il suo valore letterario e la sua forza morale. Il libro, scritto tra il 1944 e il 1945, è stato pubblicato prima su rivista nel 1948, poi in volume da Mondadori nel 1949 e più volte ristampato, da ultimo presso Giunti nel 1995; apprezzato dalla critica, è considerato uno dei migliori prodotti della letteratura postbellica.
Il libro
Tra il 3 maggio e il 4 giugno 1944, a Roma, il giovane letterato Guglielmo Petroni viene arrestato dai nazifascisti e condotto in carcere, dove subisce interrogatori e torture, in via Tasso prima e a Regina Coeli poi. Finché, con l’arrivo degli Alleati, viene salvato dalla condanna a morte e può far ritorno alla patria Lucca. Nuovamente libero, affronta il faticosissimo viaggio verso la città natale in preda a una sorta di smarrimento esistenziale e di spaesamento, senza nemmeno il conforto della solidarietà da parte di contadini affamati e induriti dalla dittatura e dagli stenti. Rievoca il tempo appena trascorso e ne ricava il dubbio che forse, in assenza di autentica comprensione del prossimo e di vicinanza reciproca, non solo il carcere, bensì tutto il mondo si rivela una prigione. Questo libro, considerato uno dei migliori esempi di memorialistica resistenziale, riesce a evocare la tragica condizione dei prigionieri secondo l’originale prospettiva di un intellettuale, che ha il senso della propria solitudine e diversità, e che con occhio critico e stupito osserva un contesto di violenza e follia.
“Fuori della porta della prigione mi ero fermato un attimo, aspettando da me quel tal respiro che allarga il petto quando si ritorna alla vita, quando si rivede il cielo e gli uomini dopo averli quasi per sempre perduti: avevo alzati gli occhi verso i tetti della città; il cielo era quello di Roma, perfetto; ma fu soltanto un profondo rammarico a ingigantirmisi nel petto, uno strano rammarico forse complicato. Mi accorsi che rimpiangevo violentemente le ore in cui la mia anima era incerta, insidiata ogni momento; rimpiangevo la fame, il buio e l’incertezza che, questa volta, lasciavo definitivamente dietro le mie spalle”.