Un recente studio evidenzia come i primati siano capaci di gesti spinti dalla reciprocità e non solo dalla parentela, una caratteristica che si riteneva pressoché esclusiva dell’uomo. La ricerca, in collaborazione tra Istc-Cnr e università di Liverpool, è pubblicata su Ecology Letters.
Nella biologia evolutiva è opinione comune che l’atteggiamento altruistico nel mondo animale sia possibile solo tra individui ‘imparentati’, al fine di favorire la diffusione del patrimonio genetico attraverso la riproduzione dei propri parenti. Ma una ricerca condotta sull’attività di grooming (la pulizia reciproca del pelo) dimostra che i primati attivano anche comportamenti di ‘altruismo reciproco’, ossia il mutuo soccorso del tipo ‘aiutami e io ti aiuterò’, stabilendo alleanze anche senza relazioni di parentela. Un sistema di scambio che finora si credeva pressoché esclusivo dell’uomo.
Nello studio, pubblicato su Ecology Letters, Gabriele Schino, associato all’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-Cnr) di Roma, e Filippo Aureli, della Liverpool John Moores University, hanno applicato tecniche statistiche di meta-analisi ai dati provenienti da 25 gruppi sociali di scimmie appartenenti a 14 specie diverse, dai macachi ai cebi, fino agli scimpanzè.
“Combinando dati di studi precedenti, relativi a circa 250 soggetti, abbiamo constatato che i primati hanno maggiore propensione al grooming verso chi li aveva precedentemente ‘governati’, indipendentemente dal grado di parentela”, spiega Schino. “Tale reciprocità risulta spiegare circa il 20% della variabilità nella distribuzione di tale comportamento, mentre la parentela ne rappresenta solo il 3%. Sembra quindi che la reciprocità abbia un ruolo nella costruzione dei comportamenti altruistici maggiore di quanto si creda e che l’uomo non sia affatto l’unica specie in grado di ricambiare i favori ricevuti”.
L’altruismo reciproco è comunemente ricondotto alla capacità di pianificare le proprie azioni a lungo termine (‘io faccio un favore a te perché tu poi faccia un favore a me’) e anche di ‘tenere i conti’ dei favori fatti e ricevuti. “E poiché si tratta di abilità complesse, si è sempre ritenuto che nei primati questo tipo di comportamento risultasse necessariamente raro o impossibile”, prosegue Schino. “La nostra ricerca, ora, suggerisce che l’altruismo reciproco nei primati possa invece basarsi su un sistema cognitivamente più semplice. Si può ipotizzare che dipenda da un sistema di ‘conteggio’ delle emozioni positive associate alla ricezione di un favore”.
“Questi risultati avranno anche importanti implicazioni per la comprensione del comportamento umano”, conclude Schino. “Non possiamo più dirci certi che la reciprocità umana sia sempre frutto di attività cognitive superiori, come la pianificazione, perché potrebbe anch’essa basarsi su un sistema emozionale assai più semplice”.