La memoria migliora se i neuroni sono nuovi

Un team di ricercatori del CNR-LUMSA-EBRI mostra come neuroni ‘appena nati’ nel cervello adulto divengano agenti attivi nei processi di apprendimento e memoria. I risultati sono pubblicati sulla rivista Plos Biology.

La nascita di nuovi neuroni (neurogenesi) non cessa totalmente dopo lo sviluppo, ma continua per tutta la vita in alcune zone del sistema nervoso adulto. Ricerche recenti hanno mostrato che la neurogenesi è indispensabile per la formazione della memoria e interessa in particolare l’ippocampo, una parte del cervello che si trova nel lobo temporale e che è sede di funzioni cognitive di vitale importanza. Gli studi, tuttavia, non sono riusciti ancora a chiarire in che modo i neuroni ‘neonati’ vadano ad integrarsi nei circuiti già esistenti, contribuendo di fatto alla formazione di nuovi ricordi e al buon mantenimento dei vecchi.

Il team di ricercatori del CNR-LUMSA-EBRI presso il Centro Europeo di Ricerca sul Cervello, struttura nata con il fondamentale contributo della Fondazione Santa Lucia, ha fatto un ulteriore ed importante passo verso la comprensione delle condizioni necessarie affinché i neuroni neonati si attivino nel favorire e migliorare alcuni tipi di apprendimento e memoria. I neuroscienziati, coordinati da Felice Tirone dell’Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare (INMM) del CNR, in collaborazione con il prof. Vincenzo Cestari dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e dell’Università LUMSA e del dr. Alberto Bacci dell’European Brain Research Institute, hanno dimostrato con il loro studio che un fattore di fondamentale importanza per la neurogenesi è rappresentato dalla velocità con cui i progenitori (le cellule staminali che daranno luogo ai neuroni) si differenziano nell’ippocampo. Da questa velocità dipenderà infatti il buon esito di tutto il processo. “I nuovi neuroni devono maturare secondo una corretta sequenza temporale affinché divengano funzionali per l’acquisizione di nuove memorie e per il recupero di memorie già esistenti”, spiega Tirone.

Alla base dello studio vi è un approccio sperimentale differente da quelli precedenti in letteratura. I ricercatori hanno infatti sviluppato sui topi un nuovo paradigma sperimentale che accelera la differenziazione dei neuroni neonati senza alterarne il numero, ottenuto mediante l’espressione selettiva nei progenitori neurali dell’ippocampo di PC3/Tis21, un gene specifico nell’accelerare il differenziamento di questi e di altri tipi di progenitori neurali. “Forzando i nuovi neuroni a bruciare le tappe della loro differenziazione per un periodo predefinito, abbiamo potuto osservare che un piccolo numero di neuroni di 2-3 settimane di età è critico per l’apprendimento”, prosegue il ricercatore dell’INMM-CNR. “Infatti i topi così trattati non solo falliscono nell’apprendere nuove informazioni spaziali, ma sono anche incapaci di utilizzare quelle precedentemente acquisite”.

“PC3/Tis21, di cui già abbiamo osservato in passato una azione contro i tumori cerebrali dovuta proprio alla sua capacità di fare differenziare i progenitori neurali, potrebbe in effetti avere anche altre potenziali ricadute applicative della ricerca”, continua Tirone, “in quanto è attivato dal Nerve Growth Factor, molecola la cui deprivazione sembra essere una importante componente nella malattia di Alzheimer. In effetti l’ippocampo è una delle prime strutture cerebrali che risulta danneggiata nell’Alzheimer, morbo caratterizzato in maniera precipua da disorientamento spaziale e deficit di memoria. Si potrebbero quindi guadagnare informazioni utili anche alla comprensione dei meccanismi alla base di questa malattia”.
E’ quindi una questione aperta e di rilievo nelle neuroscienze comprendere i meccanismi di controllo ed i fattori che influenzano la neurogenesi adulta, nel campo della memoria come indicano ora queste ricerche, ma anche della depressione, la quale, come alcuni ricercatori hanno recentemente proposto, potrebbe instaurarsi a causa di una neurogenesi adulta difettiva.
I tre co-autori responsabili dei laboratori CNR-LUMSA-EBRI segnalano con gratitudine il ruolo essenziale che i ricercatori precari loro collaboratori hanno avuto in questo lavoro, di cui hanno svolto per intero gli aspetti sperimentali.

Per saperne di più: Almanacco della scienza – CNR