Inquinamento acustico: un danno da 20 miliardi di euro

Pil e inquinamento acustico. L’Eurispes stima che nel 2004 il costo diretto e indiretto complessivo dei danni da inquinamento acustico si attesta intorno all’1,5% del Pil, pari a circa 20 miliardi di euro. Questi alcuni dati che l’Eurispes ha elaborato in occasione della giornata italiana della sordità. Sono 7 milioni gli italiani che soffrono di disturbi uditivi mentre 7 italiani su dieci sono esposti a livelli di rumore superiori alle norme vigenti.

Oltre alle spese sanitarie dirette causate dai danni alla salute, si calcola che vengano perse circa 35milioni di giornate lavorative, a ciò si devono aggiungere i costi delle misure intraprese nell’ambito della lotta contro il rumore, i deficit di produzione e la fuga dal rumore da parte della popolazione colpita.
Il 20% della popolazione europea (circa 80 milioni di persone) è esposta a rumori diurni continui, causati prevalentemente dal traffico, che superano il livello considerato come “limite di tollerabilità” per gli individui, 65 dB(A). Un altro 40% (circa 170 milioni di persone) è esposto a livelli di rumore compresi tra i 55 e i 65 decibel, intervallo considerato come “valore di attenzione”, in corrispondenza del quale si possono manifestare seri disturbi nel periodo diurno.
Circa il 25% della popolazione dell’Ue è soggetta ad un peggioramento della qualità della vita a causa dell’annoyance e una percentuale compresa tra il 5% e il 15% ha seri disturbi del sonno per via del rumore.
L’inquinamento acustico, secondo l’Eurispes costituisce uno dei fattori che incide sui livelli di qualità della vita della popolazione, in particolar modo in ambito urbano, dove i livelli di rumore riscontrabili sono spesso elevati a causa della presenza di numerose fonti, quali: infrastrutture di trasporto, attività produttive e commerciali, luoghi d’intrattenimento e altre sorgenti sonore che, pur essendo temporanee, come cantieri e manifestazioni musicali all’aperto, incidono sui livelli di qualità della vita generali. Sebbene nell’ambito della Comunità Europea si sia assistito negli ultimi quindici anni a una diminuzione dei livelli di rumore più elevati nelle zone a più alto rischio – le cosiddette “zone nere” – si è però verificato, al contempo, un ampliamento delle zone con differenti livelli di attenzione (definite zone grigie), che ha provocato un aumento della popolazione esposta, annullando le conseguenze positive della prima tendenza. Per anni il problema dell’inquinamento è stato sottovalutato, in quanto considerato meno rilevante rispetto all’inquinamento atmosferico, a quello delle acque, alla gestione dei rifiuti.

Scarsa attenzione, inoltre, è stata data alla natura degli effetti dell’inquinamento acustico, che sono subdoli e poco palesi, al contrario di quanto accade per le altre forme di inquinamento ambientale.
Gli effetti. L’effetto dannoso del rumore tende ad essere più marcato al crescere dei livelli di pressione sonora, misurati in dBa (decibel). In base alla scala della lesività di Cosa e Nicoli, solo quando il livello di pressione sonora non supera i 35 decibel, il rumore non provoca alcun fastidio. Al di sopra dei 65 decibel, il rumore può provocare danni psichici e neurovegetativi; sopra gli 85 decibel si hanno effetti specifici sull’apparato uditivo e, quando il livello di pressione sonora supera i 115 decibel, gli effetti del rumore sono pericolosi e possono provocare un’insorgenza immediata del danno (basti considerare che in corrispondenza di valori superiori ai 160 decibel può verificarsi la perforazione istantanea della membrana del timpano).
Ambienti di lavoro troppo rumorosi. Nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, in una sezione specificatamente dedicata all’inquinamento acustico, si legge: «Per quanto riguarda l’esposizione al rumore negli ambienti di lavoro, si può stimare, in maniera conservativa, che la popolazione dei lavoratori esposti a più di 90 dB (A) di Leq (Livello equivalente di pressione sonora) sia pari almeno alle 100mila unità». In Italia, in base ai dati Inail, l’ipoacusia da rumore, ovvero la diminuzione fino alla perdita della capacità uditiva, è tra le patologie professionali maggiormente denunciate. Al 31 dicembre 2002, su 8.609 denunce di malattie professionali, 1.521 (il 17,6%) riguardavano ipoacusia e sordità. Sempre a livello nazionale, i 142 casi di ipoacusia indennizzati hanno contribuito per oltre il 15% al complesso delle malattie professionali indennizzate.
Infine l’Eurispes rileva che:

dal punto di vista delle tecniche di rilevazione del danno, sembra che non esistano metodi consolidati e continuativi a livello territoriale. La base di conoscenza, ad esempio, dell’inquinamento dell’aria proviene dalle centraline che ne rilevano l’intensità e il tipo. A parte rilevazioni spot non sembra, o non ne abbiamo notizia, che simili tecniche siano applicate all’inquinamento acustico. Questa carenza provoca l’assenza di una base dati a partire dalla quale programmare gli interventi.
Dal punto di vista delle risorse umane vi è carenza di personale specializzato nel settore. La formazione di tecnici non sembra essere una priorità all’interno della gestione della sicurezza ambientale.
Dal punto di vista sociale non è, di conseguenza, ben sviluppata la consapevolezza del cittadino, che non associa eventuali disturbi alla presenza dell’inquinamento acustico.
Per saperne di più: visita il sito Eurispes