Gli interferenti endocrini sono sostanze presenti nell’ambiente, negli alimenti e negli oggetti della vita quotidiana, che possono alterare l’equilibrio dei sistemi ormonali sia nelle specie animali che nell’uomo, mettendo a rischio funzioni cruciali della vita, come lo sviluppo e la fertilità. Nel convegno “Ambiente è Salute – Interferenti endocrini, ambiente e salute riproduttiva” presentati i dati del progetto “Previeni”.
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, raccogliendo le sollecitazioni della comunità scientifica e della società civile, ha lanciato a partire dal 2008 il progetto PREVIENI (Studio in aree Pilota sui Riflessi ambiEntali e sanitari di alcuni contaminanti chimici emergenti – interferenti endocrini: ambiente di Vita, Esiti riproduttivi e ripercussioNi nell’età evolutiva). Diversi interferenti endocrini sono da tempo attentamente sorvegliati, come le diossine, tuttavia altri interferenti endocrini sono ancora presenti in prodotti di uso quotidiano e possono contaminare l’ambiente e le catene alimentari. Esempi sono i perfluorati (PFOS e PFOA) nonché gli ftalati (DEHP) ed il bisfenolo A nelle plastiche. E’ a queste sostanze che si è rivolta la ricerca di PREVIENI, i cui risultati sono stati presentati in un convegno che si è tenuto all’Università di Roma “La Sapienza”.
PREVIENI è un progetto multidisciplinare che ha integrato ricercatori nel campo ambientale (Un. di Siena), tossicologico (Istituto Superiore di Sanità) e clinico (Un. Sapienza Roma e Ospedale S. Andrea di Roma) ed ha coinvolto il WWF Italia. Giunto alla sua conclusione, il progetto PREVIENI permette di evidenziare i seguenti aspetti:
– gli adulti di una grande area metropolitana e di alcuni centri medio-piccoli risultano esposti in maniera prolungata e continua ad una miscela di interferenti endocrini nell’ambiente e negli alimenti;
– la popolazione dei grandi centri urbani è comunque quella maggiormente esposta: in particolare nel grande centro urbano, le persone affette da infertilità e/o da specifiche patologie riproduttive (endometriosi) presentano livelli più alti di inquinanti (bisfenolo A, DEHP, PFOS); inoltre, questi soggetti presentano alterazioni cellulari che indicano un’alterazione dell’equilibrio ormonale;
– le analisi sul sangue di cordone ombelicale di coppie madre-neonato dopo una gravidanza sana e priva di problemi indicano un trasferimento di taluni interferenti endocrini (ad es., DEHP) dalla madre al feto. Queste sostanze potrebbero indurre alterazioni (ad esempio, infertilità nella vita adulta) non visibili al momento della nascita;
– il confronto fra due oasi del WWF in Abruzzo, rispettivamente a monte e a valle di un sito inquinato, mostrano che una ferma ed oculata gestione dell’ambiente riesce a contenere i danni derivanti dall’inquinamento chimico.
I risultati di PREVIENI verranno utilizzati, per valutare e individuare iniziative di prevenzione, quali: sorveglianza e tutela della qualità ambientale come misura per proteggere la biodiversità e la qualità della vita; regolamentazione degli interferenti endocrini a cui risultano maggiormente esposti l’uomo, l’ambiente e le specie animali; sostituzione degli interferenti endocrini presenti nei prodotti di uso quotidiano con altre sostanze più sicure, secondo il principio stabilito dal regolamento europeo REACH sulle sostanze chimiche; aggiornamento dei controlli sulle filiere alimentari “dal campo alla tavola”; informazione al cittadino sugli stili di vita che proteggono sé stessi, i propri figli e l’ambiente, perché: Ambiente E’ Salute.
“Abbiamo preso in considerazione coppie sterili e fertili appartenenti a tre diverse aree geografiche (Roma, Sora – basso Lazio, Ferrara) e coppie madre-bambino della realtà romana. Lo studio ha messo in evidenza che a Roma – ha spiegato Donatella Caserta Dipartimento Salute della Donna e Medicina Territoriale Univ. La Sapienza di Roma-Ospedale Sant’Andrea – si riscontra la più elevata concentrazione di bisfenolo A (BPA) sia nella popolazione femminile (con una quantità 17,4 ng/mL) che in quella maschile (15,1 ng/mL). Al contrario, i residenti nel basso Lazio presentano una concentrazione di acido perfluoroctanoico (PFOA) nettamente superiore rispetto a quella rilevata nelle altre due aree (donne 2,2 e uomini 5,2 ng/mL). Nel liquido seminale la sostanza maggiormente presente è lo PFOA, con la più alta concentrazione negli uomini residenti nel basso Lazio (3,5 ng/mL, mentre negli uomini di Roma 0,4 e di Ferrara 1,5). La più alta concentrazione di MEHP si osserva a Roma, per quanto riguarda la popolazione femminile con una quantità di 67,8 ng/mL e a Ferrara per quanto concerne il gruppo degli uomini, con 8 ng/mL”. “Dall’elaborazione dei dati relativi alle coppie madre-bambino si osserva un marcato passaggio trans-generazionale di ftalati e BPA, ad indicare che la placenta non costituisce un filtro sufficiente per queste sostanze. La correlazione individuale tra i valori materni e neonatali dei composti considerati non è elevata; tuttavia, non può essere trascurato che in gravidanze del tutto prive di problemi, abbiamo riscontrato livelli significativi di interferenti endocrini non persistenti, come il MEHP e il BPA nel sangue del cordone ombelicale dei neonati”.
Per saperne di più: il progetto Previeni