È il nucleare o l’uomo ad uccidere il mondo?

di Annarosa Pacini – psicopedagogista, grafologa, giornalista, esperta di comunicazione

Leggiamo in questi giorni grandi dibattiti, accesi e richiamati dalla tragedia terribile che ha colpito il Giappone, e dal destino della centrale nucleare di Fukushima. Intanto, lo ammette anche la Tepco, gestore dell’impianto nucleare di Fukushima, acqua radioattiva viene riversata direttamente nell’oceano Pacifico. Si aprono a migliaia le discussioni, tra chi ha paura e chi no, tra chi paventa una immane e mondiale sciagura, e chi, invece, ritiene che si tratti di timori infondati, inventati ad arte dai detrattori del nucleare. Un dibattito, invero, affascinante, se non fosse che oggetto del dibattito è forse qualcosa di più ampio, di più grande. Non il Giappone, non quella specifica centrale nucleare, ma il destino dell’umanità e, forse, del mondo.

È un argomento molto complesso e alquanto “spinoso” da affrontare. Perché, in qualche modo, ci tocca tutti da vicino. Sono necessarie alcune premesse, perché solo una comunicazione su basi condivise può essere una buona comunicazione, davvero aperta al dialogo. Questo articolo non ha intenti politici. Non ci interessa chi è favorevole all’energia nucleare, e chi no. Questo significa che non approfondiremo in nessun modo le questioni legate all’energia. Perciò non abbiamo neanche intenti di natura tecnica, non siamo scienziati, né esperti. Partiamo da una posizione molto semplice, che è quella della persona comune.

Cito direttamente da Wikipedia: “Il mattino del 6 agosto 1945 alle 8.16, l’Aeronautica militare statunitense lanciò la bomba atomica “Little Boy” sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio dell’ordigno “Fat Man” su Nagasaki. Il numero di vittime dirette è stimato da 100.000 a 200.000, quasi esclusivamente civili. Per la gravità dei danni diretti ed indiretti causati dagli ordigni, e per il fatto che si è trattato del primo e unico utilizzo in guerra di tali armi, i due attacchi atomici vengono considerati fra gli episodi bellici più significativi dell’intera storia dell’umanità. (…) Universalmente condivisa è la presa di coscienza della gravità dell’evento, che non è più stato replicato. (…) Superstiti e soccorritori divennero il nucleo del pacifismo giapponese del dopoguerra, e da allora il paese nipponico è diventato paladino dell’abolizione delle armi nucleari in tutto il mondo”.

Centinaia sono stati gli studi, nel mondo, sugli effetti somatici e genetici delle radiazioni. Pur con lievi diversità di numeri e dati, tutti concordano sul fatto che gli effetti delle radiazioni non sono ancora completamente noti, sono a lungo e lunghissimo termine, ed agiscono anche a livello genetico.

Ancora Wikipedia: “Il disastro di Cernobyl è stato il più grave incidente nucleare della storia, l’unico al livello 7 (il massimo) della scala INES dell’IAEA. Avvenne il 26 aprile 1986 alle ore 1:23:45 presso la Centrale nucleare V.I. Lenin di Cernobyl’, in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, allora repubbliche dell’Unione Sovietica. Nel corso di un test definito “di sicurezza” (già eseguito senza problemi di sorta sul reattore n. 3) si arrivò ad un brusco e incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 della centrale (…) che innescò una fortissima esplosione e lo scoperchiamento del reattore. Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino anche a porzioni della costa orientale del Nord America”.

Il dibattito tra fonti ufficiali ed ufficiose è ancora aperto: i morti indirettamente imputabili alle radiazioni vanno da 4 mila a 6 milioni. Intanto, le conseguenze visibili sono alla portata di chi vuole vederle, con bambini nati e vissuti in quell’area che presentano malattie degenerative in numero ben superiore a qualunque dato “medio”.

Sempre su Wikipedia, si legge come l’effetto biologico delle radiazioni nucleari è dovuto in massima parte alle proprietà ionizzanti: distruggendo i legami fra molecole, le radiazioni danneggiano le cellule generando radicali liberi. Ma soprattutto alterano le grandi macromolecole del DNA e dell’RNA, causando danni somatici e genetici; tale effetto è prodotto principalmente dalle radiazioni gamma, più energiche e penetranti delle particelle alfa e beta.

A livello dell’intero organismo, sia nell’uomo che negli animali superiori si nota un precoce invecchiamento dell’organismo correlato alla dose totale di radiazione assorbita, sia con forti dosi istantanee che con l’esposizione prolungata a bassi livelli di radioattività. Andando nel dettaglio, gli effetti biologici e genetici delle radiazioni nucleari possono interessare: midollo osseo e sangue; sistema linfatico; sistema digerente; sistema nervoso; tiroide e sistema endocrino; occhi; polmoni; fegato, reni, cuore e sistema cardiocircolatorio; pelle e capelli; apparato muscolare e scheletrico; Da notare che non tutte le specie animali e vegetali hanno la stessa suscettibilità alle radiazioni: per esempio gli scarafaggi possono sopportare senza gravi danni tassi di radioattività molto al di sopra di quelli letali per l’uomo, e un batterio, il Deinococcus radiodurans, sopravvive a dosi di radiazioni 1000 volte superiori alla dose letale per l’uomo. Ma l’uomo non è un batterio e nemmeno uno scarafaggio. Ora, Wikipedia non è la bibbia della verità. È una fonte, abbastanza neutrale, ma presenta sempre, come ogni fonte di informazione, delle distorsioni. Informatevi. Cercate altrove. Cercate ovunque.

Alcuni dati sono oggettivi: le radiazioni nucleare sono dannose per l’uomo e per gli esseri viventi. Possono portare alla morte ed alla distruzione della specie. L’energia nucleare condivide, con le radiazioni nucleare, il “nucleare”. Quindi, potenzialmente, sappiamo essere pericolosa per l’uomo. Tant’è che uno dei problemi ancora non risolti è dove “gettare via” le scorie radioattive che mantengono la loro pericolosità per secoli, e per secoli, possono avvelenare l’ambiente con cui entrano a contatto. Parliamo del nucleare, ma potremmo parlare di tanti altri elementi, tutti conseguenti alle azioni dell’uomo e tutti portatori, a livelli diversi, più o meno visibili o dirompenti, che “fanno male”. Sostanze che più o meno ingeriamo, più o meno sono nei materiali che tocchiamo, più o meno sono nei tessuti che indossiamo, più o meno spargiamo nell’aria.

È sotto gli occhi di tutti che, di fronte ad eventi imprevedibili ed alla forza distruttrice della natura, l’uomo è inerme e indifeso. E quando la dose di radioattività che si diffonde nell’ambiente è dieci, mille, milioni di volte superiore ai dosaggi massimi sopportabili (che significa, tradotto, senza danni immediati gravi, ma se l’esposizione è protratta nel tempo, le cose cambiano”) È ragionevole ritenere che si ci si trovi di fronte ad un pericolo reale.

Ora, poiché le particelle nucleari si diffondono nell’aria, nel terreno, nell’acqua, e che aria e acqua sono noti per la loro mobilità, e si trasferiscono da corpo a corpo, quindi la sostanza letale va nell’acqua, dall’acqua al pesce, dal pesce alla tavola, dalla tavola all’uomo, tanto per farci un’idea molto elementare, È ragionevole pensare che un dramma come quello del Giappone ci riguardi tutti. Chi è a favore dell’energia nucleare e chi no. Perché uno è il mondo, uno è l’ambiente. Perché nocivo e letale vuol dire ancora nocivo e letale, mentre sicuro e sano, vuol dire sicuro e sano.

Perciò, direte voi, dove sta il punto? Cos’è che ci hai detto che già non sapessimo? Il punto arriva adesso: una è la Terra che conosciamo. Una è la terra dove può vivere l’umanità. A livello energetico, nulla si crea e nulla si distrugge. Ma vi sono livelli di distruzione che annientano la materia così come la conosciamo. Chissà, magari i batteri e gli scarafaggi riuscirebbero a vivere in ambienti inquinati da radiazioni a dosi mille volte superiori a quelle letali per l’uomo. Ma non l’uomo. Se avessimo ben chiaro il legame tra l’uomo ed il suo ambiente, se riuscissimo ad andare oltre gli schieramenti, gli interessi particolaristici, spesso miopi, salterebbe all’occhio che l’ambiente è nostro, una ricchezza che ha bisogno di essere preservata, o, almeno, non utilizzata dissennatamente. Che i cibi non dovrebbero essere contaminati, l’acqua e l’aria non dovrebbero essere avvelenate. Che, come ogni animale saggio, non dovremmo distruggere l’ambiente in cui viviamo, perché senza ambiente non c’è vita.

Utopia, ideali? Forse. Ma, se volessimo tentare una via concreta, immaginiamo che domani i leader delle potenze economiche si siedano ad un tavolo, e decidano di investire dei fondi che oggi si usano per produrre armi, o per andare in giro nello spazio, o per dare benefit a chi governa, per la ricerca su fondi di energia alternative e non inquinanti. E che da dopo domani le migliori menti del mondo si mettano al lavoro. E le più grandi aziende internazionali si rendano disponibili ad adottare stili di produzione sostenibili. E che ognuno di noi cominci a prestare più attenzione a cosa c’è scritto nelle etichette, privilegiando i prodotti sani e lasciando da parte quelli “avvelenati”.

Cambierebbe il mondo? Avrebbe una autentica possibilità di cambiare. Le scoperte ed i cambiamenti avvenuti negli ultimi due secoli sono di gran lunga superiori a quelli accaduti in millenni di storia dell’umanità. Scoperte straordinarie ed inimmaginabili fino a ieri, oggi sono realtà. “Not in my backyard” non ha più un senso, in un mondo globale, perché oggi il mio cortile è anche l’oceano dove si travasa l’acqua di Fukushima. Non è un loro interesse, un mio interesse, un altro interesse. È nell’interesse dell’umanità. Forse, quello che serve è un cambio di prospettiva. Forse, la tragedia Giapponese è una grande possibilità per chi sa vederla, per imparare e cercare strade diverse. Perché ogni volta che uccidiamo una parte del mondo, uccidiamo anche una parte dell’umanità. Forse non la vediamo, forse ancora non è nata. Ma potrebbe non avere un mondo dove nascere, se non cambiamo in tempo.