Péter Esterházy
Cura: Giorgio Pressburger
Traduzione: Giorgio Pressburger – Antonio Sciacovelli
Collana: I Narratori – Felterinelli
Pagine: 624 – Prezzo: Euro 20,0
In breve
“Quest’opera conclude la letteratura del ventesimo secolo. Non la si deve leggere solo come la storia della famiglia Esterházy […]. Tutta la vita terrena è un gigantesco labirinto a specchi […]. Tutto splende e scintilla come un enorme lampadario barocco.” (Laszlo Földény)
Il libro
Da dove cominciare di fronte a questo enorme libro di più di seicento pagine, a confronto del quale I Buddenbrock sembra un embrione? Una summa, un puzzle, una storia di famiglia che non risale alla nonna o alla bisnonna, ma al xvi secolo in quelle lande che sarebbero diventate la Mitteleuropa. Péter Esterházy è il discendente dei principi Esterházy d’Ungheria, famiglia di aristocratici vicini a imperatori e re. Quando, nel 1949, il partito comunista impone un regime stalinista, la famiglia di Péter decide di restare piuttosto che andare in esilio. Il libro è diviso in due parti, la prima parte racconta, in 371 paragrafi, la storia della famiglia dal 1500 in poi mentre la seconda è dedicata alle vicende degli Esterházy a partire dal 1900. Nella lunga carrellata storica, ciascun antenato maschio viene chiamato “mio padre” e, dopo un primo attimo di straniamento, si sprofonda in una storia che da familiare diventa quella di un’intera umanità o, più esattamente, quella della nobiltà mitteleuropea e non solo, che viaggiava, studiava e si sentiva ovunque a casa propria. “La narrazione naturalmente non è lineare, non sarebbe da Péter Esterházy, accanito sperimentatore, vero ‘pierino’ della letteratura, pronto a sbeffeggiare tutto ma non alieno da autentiche, toccanti commozioni. Anche il titolo del libro alle prime può suonare come una beffa. Prende in prestito quello di una composizione musicale settecentesca di un rampollo della famiglia, musicista dilettante. In realtà la storia di questa famiglia, così com’è raccontata, è quanto di più disarmonico e stridente si possa immaginare. È piena di impiccagioni, decapitazioni, torture, stupri, tradimenti […]. Ma di questa ‘armonia’ c’è anche una giustificazione più profonda. Sta nell’irriducibile, irrefrenabile ottimismo dell’autore. Come spavaldo sperimentatore, egli crede profondamente che l’apparente insensatezza delle cose abbia un senso, che tutto il nostro annaspare, anche la più assurda casualità, possa diventare parte di qualcosa, di un disegno.” (Giorgio Pressburger)
Le guerre dell’acqua
Vandana Shiva
Traduzione: Bruno Amato
Collana: Serie Bianca – Feltrinelli
Pagine: 128 – Prezzo: Euro 13,5
In breve
Un libro importante che al contempo celebra il ruolo di pacificazione tra i popoli che l’acqua tradizionalmente ha sempre assunto e la minaccia dei conflitti che potrebbero derivare dalla sua privatizzazione.
Il libro
Nel 1995 il vicepresidente della Banca mondiale espresse una previsione inquietante: “Se la guerre di questo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del secolo prossimo avranno come oggetto del contendere l’acqua”. Molti segni fanno pensare che avesse ragione. Le prime pagine di questo libro parlano di acqua insufficiente in Israele, India, Cina, Bolivia, Canada, Messico, Ghana e Stati Uniti. Le guerre dell’acqua non sono una prospettiva lontana nel futuro. Il conflitto è già in corso, anche se non è sempre visibile. Sono al tempo stesso guerre di paradigmi – conflitti su come percepiamo e viviamo l’esperienza dell’acqua – e guerre tradizionali. Questi scontri fra culture dell’acqua si stanno verificando in ogni società. Che si tratti del Punjab o della Palestina, spesso la violenza politica nasce dalla competizione sulle scarse ma vitali risorse idriche. Molti conflitti politici determinati dal controllo sull’acqua sono celati o repressi. Per esempio, nel Punjab una delle ragioni del conflitto che negli anni ottanta ha provocato oltre quindicimila morti è stata il continuo disaccordo sulla spartizione delle acque del fiume. Poi hanno attribuito gli eccidi e gli scontri alla rivolta sikh. Chi controlla il potere preferisce mascherare le guerre dell’acqua travestendole da conflitti etnici e religiosi. Sono travestimenti facili perché le regioni lungo i fiumi sono abitate da società multietniche che presentano una grande diversificazione di gruppi umani, lingue e usanze.
Approfondimento
Indice
Prefazione
Introduzione. Convertire l’abbondanza in scarsità
Il diritto all’acqua: lo stato, il mercato, la comunità
Mutamenti climatici e crisi dell’acqua
La colonizzazione dei fiumi: dighe e guerre dell’acqua
La Banca mondiale, il Wto e il controllo delle grandi aziende sull’acqua
Cibo e acqua
Convertire la scarsità in abbondanza
Le acque sacre
Note
Appendice. I 108 nomi del Gange
Tutto sull’amore – Nuove visioni
Bell Hooks
Cura: Maria Nadotti
Traduzione: Lucia Cornalba
Collana: Universale Economica Saggi – Feltrinelli
Pagine: 176 – Prezzo: Euro 6,5
In breve
L’autrice ragiona sulla vita di tutti i giorni, sulle nostre difficoltà e resistenze a dare e ricevere amore, sul filo che lega l’adulto al bambino che siamo stati. Per questo l’amore di sè, come capacità non narcisistica di prendersi cura dei propri desideri e della propria aspirazione al cambiamento, può coniugarsi perfettamente con l’amore per i figli o per un partner. Ecco perchè possiamo chiamare amore sia la fede sia la passione per la dimensione sociale del vivere.
Il libro
Questo libro si rivolge a uomini e donne in cerca di risposte sensate ai grandi temi della paura, della solitudine, della mancanza d’amore, del bisogno di spiritualità e svela la rete di legami, nessi, dipendenze che il sentimento amoroso crea nella vita pubblica e privata. In tredici capitoli densi e scorrevoli, l’autrice ragiona sulla vita di tutti i giorni, sulle nostre difficoltà e resistenze a dare e ricevere amore, sul filo che lega l’adulto al bambino che siamo stati, sul perché possiamo chiamare amore sia la fede sia la passione per la dimensione sociale del vivere. L’amore, per Bell Hooks, è quel motore intelligente che alimenta la speranza e tiene in vita l’immaginazione di un mondo dove i conflitti tra individui, gruppi, culture possono essere affrontati e risolti. “Ho l’impressione che il mondo stia voltando le spalle all’amore e ne soffro… in questo modo rischiamo di inoltrarci in un deserto dello spirito potremmo non ritrovare mai più la via del ritorno”.