Cornell Woolrich
Traduzione: Delfina Vezzoli
Feltrinelli Editore
Pagine: 240 Prezzo: Euro 15
Sbirri, passati oscuri, droghe, jazz, killer psicotici, teatro, suspense e terrore: il secondo volume di racconti pubblicati in occasione del centenario della nascita del “Padre del noir”.
Il libro
Alcuni dei più importanti racconti di Cornell Woolrich. Del filone noir, tanto caro all’autore, spiccano “La figlia di Endicott” (1938) in cui un capitano distrugge gli indizi che sembrano collegare sua figlia con un omicidio e fa perfino arrestare un’innocente per non vedere rovinata la sua reputazione, e “Detective William Brown” (1938), archetipo dello “sbirro noir”: un opportunista senza scrupoli che sale nella gerarchia delle forze dell’ordine grazie a una mescolanza di brutalità e coraggio allo stato puro.
Anche se il vero protagonista del racconto è un amico di William Brown che scopre la verità dietro la stupefacente carriera del detective, una verità che, come ne La figlia di Endicott, alla fine verrà messa a tacere, perché, come dice Woolrich, gli uomini come Brown hanno licenza di ucciderci a loro piacimento.
Ma il più sconvolgente di questo filone è “Tre omicidi per uno” (1942) di cui colpisce la forte similitudine fra le scene d’apertura e la prima mezz’ora dell’inquietante pellicola di Hitchcock “Il ladro” (1956). Il protagonista è Rogers, un ex poliziotto che si dedica a diventare l’ombra che bracca un delinquente di nome Blake. Chiunque ritenga che dovremmo parteggiare per Rogers, o vederlo come un eroe, si è già perso in un mondo alla “Ispettore Callaghan” che è radicalmente opposto al mondo di Woolrich in cui, con poche eccezioni, questi mostri con licenza di torturare e uccidere sono i vicari delle potenze maligne e invisibili che governano le nostre vite.
Vera e propria orgia di tensione è “L’occhio del morto” (1939) in cui seguiamo terrorizzati il dodicenne Frankie, perseguitato da un uomo che fa lunghe passeggiate nel bosco. Capolavori di suspense e di ambientazione sono Pezzo forte per l’assassino (1939) che ci porta nel “malfamato” mondo dei musicisti e colpisce per la descrizione disinvolta e sbalorditiva per gli anni trenta, dell’uso di droghe tra gli appassionati di jazz, e Ribalta fatale (1941) in cui Woolrich cattura alla perfezione lo sfavillio dozzinale di un teatro di varietà della 42ma Strada.
Il detective della omicidi Benson, quello che scopre che l’assassino dell’attrice Gilda è uno psicotico sadico, attirerà l’attenzione anche di Ian Fleming, che lo userà nel suo romanzo di James Bond, “Goldfinger” (1959), ulteriore testimonianza dell’enorme influenza di Woolrich sul cinema e la letteratura del Novecento.