Dieta mediterranea, un esempio di alimentazione sostenibile

“Una delle maggiori sfide per l’economia globale è la lotta alla malnutrizione, un fenomeno tipico non solo delle economie emergenti, ma anche delle società occidentali, dove la crescente domanda di cibi spesso squilibrati dal punto di vista nutrizionale, ha portato a una perdita di consapevolezza dei processi di produzione e preparazione, oltre che a una progressiva diffusione di cattive abitudini alimentari: non a caso l’obesità infantile costituisce uno dei più gravi problemi per la sanità pubblica del 21° secolo”.

Con queste parole Mauro Gamboni del Dipartimento Agroalimentare del Cnr ha inquadrato il tema del ‘cibo sostenibile’ nell’ambito del talk show ‘Dieta mediterranea. Un esempio di dieta sostenibile’, svoltosi all’Auditorium Parco della Musica di Roma, nell’ambito della settimana della biodiversità, organizzata da ‘Biodiversity international’ e coordinata dall’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran). Un momento di confronto e riflessione tra esponenti della scienza e della cultura su come difendere la salute del pianeta e dei suoi abitanti rispettando al contempo le culture e le tradizioni locali.
Il concetto di ‘dieta sostenibile’ va ben oltre il valore intrinseco degli alimenti, implicando l’analisi della sfera comportamentale singola e collettiva, e tenendo conto anche della relazione con l’ambiente, del risparmio di risorse naturali, del sostegno al consumo locale e stagionale, nonché della tutela della biodiversità.
A queste esigenze risponde pienamente la dieta mediterranea, che – in virtù delle sue riconosciute qualità – può rappresentare un modello replicabile, in grado di favorire la compatibilità tra benessere, esigenze nutrizionali e difesa dell’ambiente. Un modello che la comunità scientifica può aiutare a preservare, raccordando il concetto di ‘qualità’ con un approccio interdisciplinare che unisca scienze di base e applicate quali l’agronomia, le scienze naturali, l’ecologia, la biologia, le scienze dell’alimentazione, la biochimica, la genetica, fino all’economia ecologica, alle scienze della sostenibilità ed alle scienze della complessità.
“Almeno due delle tre linee strategiche in cui è organizzato il Dipartimento: la linea ‘food’ e la linea ‘agricoltura sostenibile’, possono contribuire a rispondere efficacemente a queste esigenze”, aggiunge Gamboni, “sono infatti 600 le unità di personale coinvolte in ricerche legate a queste tematiche, che operano in 19 istituti presenti sull’intero territorio nazionale”.
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