Dallo spazio, sentinelle per studiare terremoti e vulcani

Da oltre venti anni controllano dallo spazio terremoti ed eruzioni vulcaniche, documentando con precisione le deformazioni del suolo. Sono i satelliti di osservazione della Terra che, insieme alla tecnica di elaborazione del segnale denominata Interferometria Sar differenziale o DInSar, sono in grado di misurare i movimenti del suolo, partendo dall’analisi delle differenze di distanza tra due immagini. Il risultato è una fotografia detta interferogramma.

“Il rilevamento di una deformazione della superficie terrestre è fondamentale per la prevenzione del rischio e per la gestione dell’emergenza sismica e vulcanica”, spiega Riccardo Lanari, direttore dell’Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente (Irea) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Ottenere in tempi brevi un quadro d’insieme delle deformazioni e degli spostamenti del suolo rappresenta uno degli obiettivi del Dipartimento della Protezione civile (Dpc) per pianificare la macchina dei soccorsi. E il Cnr-Irea, Centro di competenza del Dpc nel settore dell’elaborazione dei dati radar satellitari, è l’Istituto deputato a fornire queste informazioni”.

È quanto accaduto anche con il terremoto del 2009. “Qui i dati provenienti dal satellite Envisat hanno evidenziato una deformazione, calcolata in 25 cm, del terreno circostante L’Aquila di circa 650 km²”, continua Lanari. L’interferogramma mostrava che l’area interessata dalla maggior parte della deformazione si estendeva per circa 650 Km², con una linea di frattura (faglia) con direzione appenninica, cioè NW-SE, lunga almeno 15 Km. Anche i recenti terremoti che hanno interessato l’Emilia Romagna nel 2012, l’Italia centrale a partire dall’agosto del 2016 (Amatrice-Visso-Norcia) e l’Isola di Ischia nell’agosto 2017 sono stati studiati con la tecnica DInSar, sfruttando i dati acquisiti dai più moderni e performanti sistemi Sar. “Grazie all’Interferometria Sar Differenziale è possibile rilevare anche piccolissime deformazioni della superficie terrestre su aree molto estese, utilizzando dati provenienti da satelliti che orbitano ad alcune centinaia di chilometri di distanza dalla Terra. Sofisticate tecniche di elaborazione permettono poi di convertire questi dati in immagini e informazioni di più facile interpretazione”.

Dallo spazio, sentinelle per studiare terremoti e vulcani – Copyright Cnr

In particolare, con la tecnica DInSar è possibile confrontare (interferire) due immagini radar acquisite prima e dopo un evento sismico. “Se qualcosa è cambiato nell’intervallo di tempo tra le due acquisizioni, e quindi si rileva una deformazione del terreno tra i due passaggi successivi del sensore, questa viene visualizzata mediante una serie di strisce colorate, chiamate frange di interferenza (interferogramma), dalle quali è possibile ottenere misure delle deformazioni della superficie del suolo con accuratezza centimetrica”, aggiunge Lanari (fig.1).

Dalle informazioni satellitari ottenute si possono studiare le sorgenti responsabili delle deformazioni osservate. E non solo. In aggiunta all’analisi dei fenomeni di deformazione causati da singoli eventi, come i terremoti, è stata sviluppata anche una tecnica avanzata, denominata Sbas (Small BAseline Subset), per seguire l’evoluzione nel tempo dei fenomeni di deformazione rilevati a partire da sequenze temporali di immagini/acquisizioni radar. “Applicata inizialmente ai sensori di prima generazione, come Ers ed Envisat dell’Agenzia spaziale europea, attivi fino al 2011 e che acquisivano con cadenza mensile, la tecnica Sbas ha tratto successivamente beneficio dai satelliti Sar di seconda generazione, caratterizzati da passaggi ravvicinati sulla stessa area  (fino a 4 giorni) e, in alcuni casi, da una maggiore risoluzione spaziale”, prosegue Francesco Casu, ricercatore del Cnr-Irea e responsabile scientifico della convenzione fra l’Istituto e il Dipartimento della protezione civile. “Grazie all’affidabilità e regolarità dei nuovi satelliti, la tecnica Sbas, ormai largamente utilizzata a livello internazionale, viene impiegata dal Cnr-Irea per il monitoraggio della Caldera dei Campi Flegrei che, insieme al Vesuvio, a Ischia, allo Stromboli, a Vulcano e all’Etna, rientra nelle attività oggetto dell’accordo con il Dipartimento della protezione civile”. (fig. 2)

Proprio nel caso dell’Etna si è potuto evidenziare, grazie ai dati forniti dai satelliti europei Sentinel-1 (S1) del programma europeo Copernicus e da quelli della costellazione italiana Cosmo-SkyMed (Csk) dell’Agenzia spaziale italiana e del ministero della Difesa, che a seguito dell’eruzione del 24 dicembre scorso e del successivo sciame sismico il suolo si è spostato di 50 cm verso Est sulla sommità del vulcano. (fig. 3) “Il sistema Csk è oggi il maggior asset spaziale nazionale operativo ed è attualmente costituito da una costellazione di quattro satelliti. Entro il 2019 si prevede il lancio del primo di una nuova generazione di satelliti tecnologicamente avanzati (Csg – Cosmo-SkyMed seconda generazione), seguito da un secondo a distanza di un anno. Ma sono già in programma due ulteriori satelliti Csg”, conclude Lanari.
Fonte: Almanacco della Scienza – CNR
Per saperne di più: Almanacco della Scienza