Capire come le masse d’acqua si mescolino e trasferiscano il calore è un passo fondamentale per comprendere in che modo i movimenti oceanici influiranno sul clima del prossimo secolo. Senza questa conoscenza, tutti i modelli numerici che prevedono scenari di cambiamento climatico non potranno che dare informazioni approssimative.
Durante l’esperimento internazionale di Sismica oceanografica Adriaseismic-09, condotto a bordo della nave di ricerca del Cnr Urania nell’Adriatico meridionale nel marzo scorso, un gruppo internazionale di oceanografi e geofisici marini, coordinato dall’Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di Venezia, ha messo in opera una serie di metodi di misura innovativi per caratterizzare questi processi.
Risultati più particolareggiati rispetto al passato sono stati raggiunti grazie all’approccio utilizzato, denominato Sismica Oceanografica, o Geophysical Oceanography, un mix tra tecniche di oceanografia ‘classica’ e altre mutuate dalla sismica marina. “Gli oceanografi ‘classici’ misurano le masse d’acqua in modo diretto, con sonde calate in un punto dell’oceano”, spiega il responsabile della spedizione Sandro Carniel, oceanografo dell’Ismar-Cnr di Venezia. “Poi si spostano fino a coprire l’area di interesse. Un procedimento lento, che rischia di dare un’immagine ‘distorta’ di quanto si osserva perché nel frattempo queste strutture si modificano a causa dell’irraggiamento solare, dei venti, degli scarichi dei fiumi. Solo di recente si è capito che le tecniche sismiche, utilizzate dai geofisici marini per esplorare i fondali o per scovare giacimenti di combustibili sommersi, opportunamente integrate da altri dati e grazie all’ausilio di complessi modelli matematici, possono anche ‘fotografare’ la struttura dell’acqua stessa, non solo quella del fondo. In questo caso si è coniato quindi il termine di Oceanografia sismica.
Queste immagini consentono di avere una visione rapida di aree relativamente estese, se teniamo conto che la nave che esegue le misure acquisisce dati viaggiando a circa 6-7 chilometri all’ora”. I dati acquisiti durante l’attività, coordinata dall’Ismar-Cnr di Venezia, unitamente a personale delle sezioni Ismar di Bologna e La Spezia, e a colleghi afferenti al Naval Research Laboratory di Stennis (Usa), all’Univesità di Durham (UK) e a quella del Wyoming (Usa), contribuiranno a migliorare le attuali proiezioni sugli effetti dei cambiamenti climatici globali.
“L’oceano costituisce la più grande riserva di calore del Pianeta, che le correnti trasportano ovunque e il cui rilascio modifica il clima di interi continenti”, prosegue Carniel. Le osservazioni hanno consento di evidenziare tra l’altro, per la prima volta, la presenza, con tecniche sismiche, di onde interne all’Adriatico meridionale, simili a quelle di superficie, alte anche parecchi metri, che si sviluppano tra due strati d’acqua di densità diversa e sono innescate dalle correnti di marea.
“Nel mare”, aggiunge il ricercatore dell’Ismar-Cnr, “esistono masse d’acqua che hanno caratteristiche diverse, dovute a differenti valori di temperatura e salinità o in generale di densità, che costituiscono quella che viene chiamata la ‘struttura fine’ dell’oceano.
Conoscere la dinamica di questi processi è di assoluta importanza per capire meglio come il calore o i nutrienti vengano trasportati dalle correnti oceaniche, e in questo senso si ritiene che un ruolo fondamentale sia proprio svolto dalle onde interne, che possono frangersi e contribuire al mescolamento energetico e turbolento tra le masse d’acqua”. Durante la campagna Adriaseismic-09 in Adriatico si è dimostrata, per la prima volta al mondo, l’applicabilità di tecniche di oceanografia sismica da mezzi navali relativamente leggeri e su mari poco profondi, alcune centinaia di metri.
I risultati preliminari ottenuti, che verranno presentati a convegni nazionali e internazionali sin dai prossimi mesi, cominciando da Geoitalia-09 nel mese di settembre, suggeriscono come l’Oceanografia sismica possa costituire un nuovo e potente strumento utile alla comprensione dettagliata della struttura orizzontale dei processi marini. Nell’immediato futuro i ricercatori dell’Ismar-Cnr saranno inoltre impegnati a stabilire rapporti di causa-effetto tra le strutture osservate durante questa innovativa campagna e le evidenze del riscaldamento climatico globale, in atto anche alle nostre latitudini.
(Fonte: Almanacco della Scienze – CNR)
Per saperne di più: Almanacco della scienza – CNR