Dalla nefropatia all’insufficienza cardiaca: così il Cnr fa prevenzione

Per i nefropatici il rischio cardiovascolare è alto e trovare soluzioni in grado di prevenirlo risulta fondamentale. Ora uno studio del Cnr dimostra che misurando l’efficacia della contrazione del ventricolo sinistro è possibile identificare precocemente quei pazienti destinati a sviluppare insufficienza cardiaca. La ricerca è pubblicata sull’ultimo numero del Journal of american society of nephrology

Identificare precocemente i nefropatici ad alto rischio di insufficienza cardiaca. E’ l’obiettivo raggiunto dai ricercatori del Cnr grazie a uno studio condotto su 197 pazienti. “L’insufficienza renale, dai gradi più lievi a quelli più severi, desta preoccupazione soprattutto per l’alta frequenza di complicazioni cardiovascolari”, spiega Carmine Zoccali, responsabile della sezione di Reggio Calabria dell’Ibim, Istituto di biomedicina e immunologia molecolare del Cnr. “Poiché circa il 20-30% dei pazienti con insufficienza renale avanzata ha un’insufficienza cardiaca”, prosegue Zoccali, “identificare i nefropatici ad alto rischio cardiaco è importante per mettere in atto misure di prevenzione finora poco studiate”. Nell’indagine condotta dal Cnr, con la collaborazione dell’Istituto di medicina interna dell’università di Catania, i ricercatori hanno dimostrato che la misura dell’efficacia della contrazione del ventricolo sinistro del cuore (la cosiddetta frazione di eiezione) è utile per identificare i nefropatici destinati a sviluppare insufficienza cardiaca. Questo studio è il primo a dimostrare la validità di uno strumento di screening dei nefropatici a rischio cardiaco.

I pazienti, selezionati in base all’assenza di sintomi di insufficienza cardiaca, sono stati tenuti sotto osservazione fino a quattro anni. “Abbiamo notato”, spiega il ricercatore dell’Ibim-Cnr, “che questi soggetti, che avevano il valore della frazione di eiezione relativamente basso, hanno avuto eventi cardiovascolari nel corso del periodo di osservazione”. Durante lo studio il 29% dei pazienti è deceduto e il 33% ha sviluppato complicanze cardiovascolari quali infarto, angina, ictus o arteriopatia periferica. L’insufficienza renale è una condizione clinica che si è rivelata molto più frequente di quanto si sospettasse nella popolazione mondiale. Negli Stati Uniti a soffrirne sono 15 milioni. In Italia non ci sono rilevazioni in tal senso ma verosimilmente si può parlare di circa 3 milioni di individui con insufficienza renale, un vero allarme sanitario. I pazienti che hanno gradi avanzati di insufficienza renale destano particolare preoccupazione non tanto per la bassa funzione renale (che può essere sostituita con la dialisi e il trapianto) quanto per l’alta frequenza di complicazioni cardiovascolari.

I risultati raggiunti dallo studio del Cnr possono avere favorevoli ricadute cliniche in quanto la misura della frazione di eiezione è relativamente agevole e può essere effettuata nella vasta rete di centri di cardiologia italiani. Riscontrare alterazioni anche lievi di questa misura può allertare il medico a intensificare la sorveglianza clinica e/o istituire una terapia per ritardare o prevenire l’insufficienza cardiaca nei pazienti con malattie renali avanzate. Queste osservazioni sono in linea con altre indagini del centro di Reggio Calabria che aprono la prospettiva di utilizzare la misura di alcune sostanze che vengono sintetizzate nel ventricolo sinistro del cuore (come il Bnp) per identificare i pazienti nefropatici ad alto rischio.