Il lockdown causato dalla pandemia di Coronavirus ha rivoluzionato le nostre vite impedendoci di svolgere attività consuete, come uscire, andare al ristorante, al cinema o a teatro, incontrare amici e parenti. Una situazione anomala, che tutti abbiamo vissuto come innaturale e fonte di stress. Ancora di più i bambini e i giovani, impossibilitati, oltre che a uscire, a praticare sport e a giocare all’aria aperta, a frequentare la scuola e a incontrare quindi i propri compagni di classe e socializzare con loro.
Una “rivoluzione” che ha avuto numerosi effetti, come emerge anche da uno studio dal titolo “Giovani e quarantena”, condotto su 9.000 studenti tra gli 11 e 20 anni dall’associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, gap, cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net, secondo il quale l’80% degli intervistati ha registrato un cambio nel ritmo del sonno, con risvegli notturni dichiarati da circa la metà del campione. A mutare sono state anche le abitudini alimentari, con la metà circa del campione che ha ammesso di mangiare di più e a tutte le ore.
“Tendenze Hikikomori (volontaria esclusione sociale e isolamento), nomofobia (paura di rimanere sconnessi dal contatto in rete), ansia sociale e solitudine sono solo alcuni dei rischi cui potrebbero andare incontro bambini e ragazzi se, alla riapertura o nel corso del nuovo anno scolastico, fosse disgraziatamente impossibile fare lezione in classe”, spiega Antonio Cerasa neuroscienziato dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) del Cnr. “A lanciare questo allarme sono diversi psicopedagogisti e studiosi italiani e stranieri – dalla nostra Maria Rita Parsi ai britannici Ellen Townsend, Rory O’Connor, Sarah-Jayne Blakemore e Uta Frith – secondo i quali permettere agli studenti di tornare a frequentare la scuola, socializzare e giocare insieme significa salvaguardare un diritto fondamentale per il loro benessere. Allontanare totalmente i bambini, ma anche gli adolescenti e i ragazzi, dalla modalità consueta di frequenza della scuola è insomma un rischio reale. Un articolo uscito su The Lancet Child & Adolescent Health mette in guardia sulle conseguenze dannose a lungo termine della mancanza di un contatto diretto dei giovani con i loro coetanei, evidenziando che problemi come l’ansia o isolamento erano già in aumento nei giovani prima dell’arrivo del lockdown: una nuova chiusura potrebbe pertanto accrescerli, peggiorando la situazione, soprattutto tra gli adolescenti”.
La scuola è estremamente importante per lo sviluppo psicoeducativo e per fortuna, al momento in cui scriviamo, la regolare riapertura sembra assicurata. “Un dato su tutti deve far riflettere: le principali psicopatologie dell’età evolutiva insorgono tra i 12-14 anni. È proprio a cavallo tra gli ultimi anni delle medie e l’inizio delle superiori che i ragazzi sono più fragili e necessitano di maggiore supporto”, conclude Cerasa. “Dal punto di vista neurobiologico, lo sviluppo termina in questa fascia di età e comincia un nuovo e complesso processo, quello di adattamento all’ambiente esterno. E la scuola è una palestra di vita insostituibile: le conflittualità, le regole, le relazioni che si creano tra professori e alunni, così come tra coetanei, sono fondamentali per modellare quell’enorme infrastruttura che è la personalità. Quello che accade in questi anni – nel bene e nel male – è fondamentale e ce lo portiamo dietro per il resto della vita”.
Fonte: Almanacco della Scienza – CNR
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