Cibo: difficile dire se fa bene

Le scelte in campo alimentare possono avere ovviamente importanti ripercussioni sulla salute: per fornire consigli o raccomandazioni sull’argomento è necessario, dunque, avere competenze precise e svolgere un serio lavoro di verifica e di conferma. In quest’ambito, invece, si affacciano spesso sedicenti quanto improvvisati esperti, che dispensano consigli in tema di cibo e salute. 

“Un ricercatore deve stabilire con ragionevolezza e prudenza il nesso causale tra l’assunzione di un alimento e i suoi effetti”, spiega Gianvincenzo Barba dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr di Avellino. “E qui iniziano i problemi. Innanzitutto, per la complessità dei vari cibi, una miscela di nutrienti che interagiscono tra loro in modo peculiare e diverso, anche quando sono simili tra loro. L’eterogeneità caratterizza anche le condizioni nelle quali un disturbo o una malattia si sviluppano o regrediscono: moltemplici meccanismi e la diversa suscettibilità individuale contribuiscono a generare una grande diversità nello sviluppo e nel decorso delle patologie. Pertanto la prevenzione delle malattie attraverso l’alimentazione non può mai assumere una definizione ‘certa’ ma solo profilare un ‘rischio’ “.

Il primo aspetto che lo scienziato è chiamato a valutare è il consumo dell’alimento. In questo ambito, gli errori sono legati alla difficoltà da parte dell’intervistato di rappresentare esattamente la realtà, per smemoratezza o pudore. Ovviamente, maggiore è il campione di indagine, minore è la probabilità di errori.

“La relazione di causalità è più precisa nelle ricerche longitudinali, in cui gli effetti sulla salute di un certo alimento o pattern alimentare si verificano nel tempo, anche in decenni, e nei cosiddetti ‘studi controllati randomizzati’, in cui l’associazione tra alimento e malattia è analizzata cercando di eliminare le interferenze esterne”, prosegue il ricercatore dell’Isa-Cnr. “L’effetto causale di un cibo poggia su basi solide qualora siano disponibili evidenze scientifiche, da sperimentazioni di laboratorio e/o cliniche, che documentino i presupposti biologici, fisiologici e funzionali dell’associazione “, precisa Barba. “Altrettanto utile è evidenziare la relazione tra la quantità consumata e le presunte conseguenze patologiche. Il consumo di sale e insorgenza dell’ictus è in tal senso esemplare: più studi concordino sul fatto che quanto più sale si consuma tanto più aumenta il rischio”.

Insomma, per affermare che un alimento fa bene o male, è necessario un lavoro approfondito. Diversa è invece la procedura se c’è un sospetto di nocività. “In questo caso, vale il principio di cautela e la diffusione dell’alimento potenzialmente tossico viene sospesa finché non ne venga dimostrata l’assoluta salubrità”, conclude il ricercatore del Cnr.

Per saperne di più: il sito dell’Almanacco della scienza – CNR