Pubblicato su Science lo studio condotto da ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis e dell’ISS che mostra il legame tra dieta e flora intestinale.
Esiste una relazione dinamica tra dieta ed ecosistemi intestinali, sia dell’uomo che di altri mammiferi. I cibi che mangiamo, infatti, influenzano pesantemente le funzioni metaboliche dei diversi tipi di microorganismi che vivono nel nostro intestino, e ciò si verifica anche in animali come giraffe, leoni, orsi polari e scimpanzé. È quanto evidenzia uno studio condotto da scienziati della Washington University School of Medicine a St. Louis e dell’Istituto Superiore di Sanità, pubblicato il 20 maggio sulla prestigiosa rivista Science.
“Questi studi – afferma Enrico Garaci, Presidente dell’ISS – mostrano scientificamente come un corretto stile di vita, che comprende necessariamente un’alimentazione equilibrata, possa non solo favorire la nostra salute nel breve termine, ma ritardare anche le patologie legate all’invecchiamento, promuovendo un processo antiaging cellulare e contribuendo al ruolo positivo svolto dalla flora batterica”.
“Stiamo iniziando a comprendere – spiega Jeffrey Gordon, direttore del Center for Genome Sciences & Systems Biology della Washington University in St.Louis – come la dieta e i suoi ingredienti influenzino le comunità microbiche che vivono nel nostro organismo”.
A partire dalle analisi condotte su 33 mammiferi e 18 individui lo studio, coordinato da Gordon, dimostra che vi è un’associazione diretta tra il tipo di dieta e il cosiddetto microbiota, l’ecosistema intestinale. Per esempio, i microorganismi intestinali degli animali carnivori si sono specializzati a degradare le proteine, mentre quelli degli erbivori si sono specializzati a sintetizzare aminoacidi.
I miliardi di microbi che vivono nel nostro intestino, a loro volta, interagiscono e scambiano in continuazione informazioni con il nostro organismo influenzandone il funzionamento. Studi recenti hanno infatti dimostrato che i tipi di batteri e archei che vivono nel nostro intestino influenzano il nostro metabolismo e ci possono proteggere o predisporre ad un lunga serie di malattie, tra cui l’obesità, il diabete, alcune malattie infiammatorie croniche dell’intestino e forse anche il cancro.
I ricercatori hanno sequenziato il genoma e le funzioni dei microorganismi intestinali presenti nelle feci di 33 mammiferi che vivono negli zoo di St.Louis e San Diego negli USA. È risultato che, sebbene questi animali siano molto distanti l’uno dall’altro nell’albero genealogico, essi condividono tuttavia un gruppo di geni microbici essenziali per vivere nell’intestino che sono influenzati pesantemente dalla dieta. In altre parole, le comunità di microorganismi che vivono nell’intestino svolgono funzioni metaboliche che sono pesantemente influenzate dal fatto che gli animali siano erbivori, onnivori o carnivori.
I ricercatori hanno anche scoperto che la dieta influenza i tipi di microbi che vivono nell’intestino umano. “Abbiamo analizzato i campioni di feci di 18 individui che praticano un regime di restrizione calorica nella speranza di vivere più a lungo e in salute – racconta Luigi Fontana, coautore dello studio e ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità e la Washington University di St.Louis -. Abbiamo scelto questi individui perché sappiamo che registrano meticolosamente tutti i componenti della loro dieta giornaliera – continua Fontana – e questo ci ha permesso di scoprire che il contenuto di proteine e di fibre nelle loro diete correla con la struttura e la funzione delle comunità microbiche che albergano nell’intestino umano”.
Studi come quello pubblicato su Science sono importanti per capire come ciò che mangiamo ha modificato e continua a modificare nel corso dell’evoluzione la biologia e la fisiologia degli animali e dell’uomo. Infine, questi studi ci possono aiutare a disegnare delle diete o dei cibi più salutari che riducono la presenza di microorganismi “nocivi” per il metabolismo, favorendo invece quelli benefici per la salute e la longevità.
Per saperne di più: il sito dell’Istituto Superiore di Sanità