Cervello e fisico? Meno li usi, più invecchi

Il problema dell’invecchiamento, dell’esaurimento di energia inevitabile con l’età, è alla base della scelta di Joseph Ratzinger di ‘dimettersi’ da Papa. Ma valutazioni sull’anagrafe e sulla salute sono corse anche a margine dell’elezione del suo successore. Avere interessi e praticare attività fisica – osservano gli esperti – previene il rallentamento delle funzioni cognitive e la demenza. La crescita del cervello, infatti, può durare per tutta la vita. 

Se alcune funzioni organiche iniziano a deteriorarsi presto come la vista (30-40 anni), la massa ossea (intorno ai 30) o l’aterosclerosi (spesso nell’infanzia) l’invecchiamento cerebrale, invece, è fortemente legato all’età: si manifesta con la perdita di neuroni, il rallentamento di alcuni neurotrasmettitori e la proliferazione di cellule gliali. Ma la crescita del cervello può, però, durare per tutta la vita.

“Un periodo che inizia a un’età imprecisata, è caratterizzato da un declino progressivo della capacità funzionale e da un aumento della suscettibilità alle malattie e termina con la morte”. Così Stefania Maggi dell’Istituto di neuroscienze (In) del Cnr di Padova definisce il processo di invecchiamento. “Il vecchio dogma della neurologia, per cui le cellule neuronali erano incapaci di riprodursi, è stato superato. Oggi, le scoperte sulle cellule staminali, le cosiddette toto-potenti, possono differenziarsi in vari forme cellulari e permettere la rigenerazione neuronale. Alcuni neuroni si qualificano per svolgere le funzioni che in quel momento necessitano di un sostegno, come per alcuni soggetti colpiti da ictus che, dopo la riabilitazione, recuperano in parte l’uso di un arto paralizzato o della parola, pur non recuperando la funzionalità delle aree cerebrali colpite”.

Nell’invecchiamento vengono poi mantenute le funzioni più utilizzate nel corso della vita, mentre quelle scarsamente usate sono soggette a decadimento. “Avere interessi e praticare attività fisica previene il rallentamento delle funzioni cognitive e la demenza”, conclude Maggi. “Studi recenti hanno dimostrato come i soggetti con alta scolarità abbiano tassi di demenza inferiori rispetto a chi ha scarsa istruzione.
La moderna geriatria, inoltre, focalizza l’attenzione sulla fragilità, un processo che se identificato prima che l’individuo diventi dipendente permette, con farmaci e non solo, di intervenire con successo ad esempio per i problemi legati alla marcia e all’equilibrio”.

Il Cnr con il Progetto ‘Invecchiamento’, che coinvolge 30 gruppi di ricercatori, porta avanti uno studio con l’obiettivo di creare sinergia tra la ricerca di base e le conoscenze raggiunte nella fase applicativa.

(Fonte: Almanacco della Scienza – CNR)
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