Tessuti quali derma, epidermide, osso, cartilagine, e persino tessuti cardiovascolari possono essere oggi riparati o migliorati nelle funzioni grazie ai progressi dell’ingegneria dei tessuti, un settore di ricerca che riunisce le competenze della scienza e tecnologia dei materiali, dell’ingegneria e delle scienze della vita allo scopo di sviluppare sostituti biologici in grado di supportare l’adesione, la proliferazione e il differenziamento cellulare di tessuti danneggiati.
Tra i diversi tipi di materiali studiati per realizzare gli ‘scaffold’, i supporti che devono rispondere a caratteristiche di biocompatibilità e bioriassorbibilità, particolare interesse rivestono i ‘biovetri’. Questi materiali bioceramici, di concezione innovativa possono essere utilizzati in forma di rivestimento o in forma massiva, in grado di legarsi a tessuti duri e molli, stimolando processi di proliferazione, differenziamento cellulare e angiogenesi, con risultati promettenti.
Su tali materiali di terza generazione punta il progetto ‘Biomaterials for healthcare’, che fa capo a un gruppo interdisciplinare composto, tra gli altri, dall’Istituto di struttura della materia (Ism) del Cnr di Roma e dall’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg) del Cnr di Padova. Il team è dotato di competenze complementari, con lo scopo di fornire possibili e opportune alternative volte a soddisfare le richieste provenienti dai clinici.
“L’obiettivo del progetto consiste nella sintesi di sistemi ceramici silico-calciofosfatici multi-dopati, biovetri di composizione innovativa che incorporano ioni ‘essenziali’ accuratamente selezionati in qualità e quantità propri del turn-over fisiologico, allo scopo di simulare localmente microambienti fisiologici”, spiega Julietta Rau dell’Ism-Cnr di Roma. “La difficoltà consiste nel selezionare quantità e combinazioni dei vari ioni, al fine di captarne l’azione sinergica idonea a ciascuna specifica applicazione. Tali materiali saranno utilizzati per la realizzazione di rivestimenti per leghe metalliche, polimeri e ceramici inerti, di ‘cementi iniettabili’ di ultima generazione e di macro-micro-nano capsule in grado di ospitare e veicolare diversi tipi di cellule, fattori di crescita, farmaci e principi attivi”.
Una scommessa che il team sembra vicino a vincere: studi molto recenti hanno dimostrato che i biovetri sono potenzialmente in grado di innescare una serie di particolari meccanismi di ‘signalling’, che si traducono nell’espressione di geni coinvolti prevalentemente nella formazione di osso e cartilagine, di fatto simulando e riproducendo la composizione e/o l’architettura del tessuto da rigenerare.
(Fonte: Almanacco della scienza – CNR)
Per saperne di più: Almanacco della scienza – CNR