Far cambiare parere è una tecnica e gli studi che analizzano come le persone modificano idee e comportamenti in base a quelli degli altri includono anche la psicologia inversa, con la quale si induce una persona a fare qualcosa di opposto a ciò che vuole veramente. Ne parliamo con Flavia Marino dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Cnr
Capita di cambiare il proprio parere, seguendo le idee espresse da altri. Questo processo, di influenza sociale è oggetto da tempo di studi focalizzati sulle modalità con cui processi mentali, emozioni e comportamenti di persone e gruppi sono modificati dagli altri. Tra questi studi sulle relazioni e su l’influenza sociale, negli ultimi anni ha suscitato interesse la psicologia inversa, attraverso la quale si induce una persona a fare o dire qualcosa di opposto a ciò che desidera realmente.
Alla sua base ci sono due teorie: quella della reattanza e quella dell’auto-anticonformità”, spiega Flavia Marino dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) del Cnr. “La prima suggerisce che un individuo, nel momento in cui percepisce una minaccia al proprio senso di libertà, spinto a ripristinarla, tenda a reagire in modo opposto a quanto richiesto. Per esempio, un oggetto sarà più desiderato se ci viene detto che non possiamo averlo. In questo caso la persona ha una reazione emotiva negativa e contraria al tentativo di persuasione. L’altra teoria è basata sul concetto di auto-anticonformità strategica e si manifesta quando una persona sostiene una posizione opposta al proprio pensiero reale, nascondendo una tattica di persuasione. Ad esempio, la tendenza che alcuni genitori hanno nel manifestare indifferenza o contrarietà a una scelta sentimentale dei figli. Reattanza e auto-anticonformità strategica fanno capo alla negatività o sgradevolezza attese dall’obiettivo di influenza”.
La psicologia inversa funziona meglio con le persone che tendono ad avere problemi nell’accettare l’autorità, mentre non risulta molto efficace con chi generalmente l’accetta. Numerosi esempi dimostrano come venga usata nella vita quotidiana: è utilizzata spesso con i bambini e gli adolescenti, ma anche nel mondo del lavoro, nella formazione e nelle relazioni d’amore. “In campo educativo i genitori la usano spesso per convincere i loro figli”, prosegue la ricercatrice. “Ad esempio, dire al figlio di non raccogliere i giocattoli nella sua stanza nella speranza che il bambino faccia il contrario. O se non vuole mangiare le verdure, metterle in un piatto, lasciando sul tavolo come se nulla fosse. Ma anche negli adolescenti, il desiderio di libertà e autonomia dai genitori li spinge ad attivare comportamenti opposti a quelli richiesti”.
Spesso, quindi usiamo questa tecnica per convincerci l’un l’altro a comportarsi nei modi desiderati. “Una persona, ad esempio, potrebbe chiedere al suo partner di ripulire il garage, ma dando per scontato che il partner non avrà il tempo di farlo. E questo potrebbe quindi reagire alla provocazione pulendo il garage, per dimostrare che la prevenzione era errata”, precisa Marino. “Anche le strategie di marketing e di vendita attivano questi meccanismi, per incoraggiare le persone ad acquistare beni e servizi. Un venditore propone l’acquisto di un prodotto molto costoso, al cliente, probabilmente per fargliene uno accettare meno caro”.
La letteratura del settore suggerisce che la psicologia inversa non sempre risulta efficace nel raggiungimento di un obiettivo. Inoltre, questa tecnica può avere alcuni spiacevoli effetti collaterali. “Sono tanti i fattori coinvolti: uno di questi è che la persona bersaglio creda allo stratagemma”, chiarisce l’esperta. “Alcune persone, poi, sono più suscettibili alla psicologia inversa rispetto ad altre: le persone più serene e rilassate hanno meno probabilità di cadere nella rete perché hanno meno probabilità di provare reattanza, le persone irritabili, testarde o eccessivamente emotive hanno maggiori probabilità di essere persuase.
Infine, se la psicologia inversa viene utilizzata troppo spesso, può portare gli altri a diffidare di chi la utilizza. In una relazione intima, potrebbe compromettere la condivisione delle esperienze e la loro autenticità, specie in decisioni veramente importanti”, conclude Marino. “Inoltre, se usata troppo, potrebbe affievolire la capacità di comunicare direttamente ed efficacemente, facendo sempre più affidamento a metodi di comunicazione manipolativa”.
Fonte: Almanacco della Scienza CNR