A sostenere questa ipotesi sono i ricercatori dell’Istituto di Astrofisica e Fisica cosmica del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Dipartimento di Astronomia dell’Università, di Bologna, in uno studio pubblicato sulla Rivista “Science”.
Anche le galassie hanno il singhiozzo per effetto di una “indigestione”. E’ quanto affermano due ricercatori di Bologna, Paola Grandi, dell’Istituto di Astrofisica e Fisica Cosmica (Iasf) del CNR e Giorgio Palumbo, del Dipartimento di Astronomia dell’Università, in uno studio pubblicato sulla rivista “Science”.
“Grazie ai dati forniti dal satellite italiano per l’astronomia X BeppoSAX, e analizzando quelli dal 1996 al 2001”, spiega Paola Grandi, “abbiamo scoperto che i sussulti luminosi del quasar 3C 273, lontano miliardi di anni luce da noi, sono effetti collaterali di “un’indigestione”.
“Abbiamo visto la materia attratta sgretolata e ridotta a gas incandescente dalla forza di un buco nero miliardi di volte più massiccio del sole” – spiegano i ricercatori. “La materia fagocitata si dispone su un disco rotante che appare a tratti, quando il getto si affievolisce. Ciò fa pensare che 3C 273 ingurgiti materia e poi, quasi soffocato, ne espella una parte sotto forma di getto luminoso. La luce del getto acceca allora l’osservatore e il disco sparisce di nuovo dalla sua vista”. I quasar sono galassie le cui regioni centrali, i nuclei galattici attivi, sono talmente brillanti da sovrastare in luminosità la luce di tutte le stelle che lo compongono. Possono essere così potenti da emettere più energia di quella prodotta da mille galassie simili a quella in cui noi viviamo ed espellere getti di plasma che, superando i confini stessi della galassia, raggiungono altezze vertiginose.
Se questo getto è puntato direttamente verso di noi, appare così brillante da provocare una sorta di accecamento che ci impedisce di vedere in dettaglio ciò che accade alla materia nel cuore del quasar. E quasi sempre, chi osserva la luce a raggi X di 3C273 rimane abbagliato. E invece, aiutati da un pizzico di fortuna, i due ricercatori sono riusciti a sbirciare sotto il getto. Quest’intermittenza “disco-getto” ricorda i sussulti dovuti al singhiozzo: forse il quasar mangia troppo e troppo in fretta.