A crederlo è Pharma – Planta, il nuovo consorzio di ricerca europeo, per il quale l’Ue ha stanziato 12 milioni di euro. Cnr, Enea e Università di Verona i partner italiani. Obiettivo produrre vaccini e farmaci a basso costo così da renderli disponibili anche ai Paesi in via di sviluppo.
Mettere a punto la produzione in pianta di vaccini e farmaci contro alcune delle più importanti patologie umane come Aids, rabbia, diabete e tubercolosi. È questo l’obiettivo del nuovo consorzio di ricerca europeo Pharma – Planta che riunisce oltre trenta gruppi di ricerca appartenenti a ben 11 nazioni europee ed al Sudafrica. Al progetto, per il quale l’Unione europea ha stanziato 12 milioni di euro, partecipano tre gruppi di ricerca italiani, diretti da Mario Pezzotti (Università di Verona), Eugenio Benvenuto (Centro ricerche Casaccia dell’Enea) e Alessandro Vitale (Ibba, Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr di Milano).
“Entro i prossimi cinque anni”, spiega Vitale dell’Ibba – Cnr, “Pharma – Planta prevede di produrre in piante geneticamente modificate molecole di interesse farmacologico e di iniziare la sperimentazione clinica sull’uomo”. I due obiettivi principali sono infatti la produzione di farmaci finora non ottenibili con i sistemi tradizionali di sintesi e l’abbattimento dei costi di produzione. “Il contributo italiano è significativo”, interviene Benvenuto dell’Enea. “Il gruppo di Verona e il nostro coordinano, rispettivamente, le ricerche che riguardano una proteina umana per la prevenzione del diabete mellito autoimmune e una delle molecole per la produzione di un vaccino contro l’Aids”. Il Cnr invece è responsabile delle ricerche volte ad aumentare e rendere ottimale la produzione dei diversi vaccini nelle piante modificate, attraverso nuove tecniche di biologia cellulare e molecolare.
Pharma-Planta, è il primo grande progetto internazionale di questo tipo e svilupperà la nuova tecnologia fino a giungere alla sperimentazione clinica. “L’approccio multidisciplinare”, dice Mario Pezzotti dell’università di Verona, “consentirà di affrontare tutti gli aspetti della sperimentazione connessi all’impiego di piante geneticamente modificate, con particolare riguardo alla sicurezza ambientale e umana”. Una grande sfida, insomma, anche tecnologica, che implica un notevole impegno. “Infatti, mentre la produzione di molecole farmacologiche in altri sistemi biologici geneticamente modificati è ben consolidata e documentata”, spiega il tedesco Rainer Fischer, dell’Istituto Fraunhofer di Aquisgrana, che del consorzio è il coordinatore amministrativo, “non ci sono dati sullo stesso tipo di processo produttivo nelle piante”.
Le potenzialità di questo approccio sono però enormi. I metodi finora utilizzati per la produzione di questi farmaci richiedono la modificazione genetica di cellule umane o di microrganismi come i batteri. Queste tecniche sono laboriose e costose, e spesso producono in quantità limitate le molecole di interesse. “Le piante”, sottolinea Julian Ma, del St.George’s Hospital di Londra, coordinatore scientifico di Pharma – Planta, “hanno il vantaggio di poter essere coltivate con facilità e a costi accessibili e, se modificate per esprimere un gene relativo a un prodotto farmaceutico, di poterne produrre grandi quantità”.
L’impiego delle piante potrebbe quindi consentire di ottenere farmaci che non sono stati finora prodotti nei sistemi tradizionali a causa della scarsa resa o dei costi elevati. Un risultato questo che aiuterebbe a rendere disponibili nuovi farmaci per i Paesi in via di sviluppo, per i quali i costi dei prodotti farmaceutici sono spesso proibitivi.