Carne e pesce, dannosi o salutari?

C’è chi abusa nel consumo di questi cibi, ma anche chi li ha banditi dalla propria tavola ritenendoli insani. Con Roberto Volpe, medico dell’Unità prevenzione e protezione del Cnr, facciamo il punto della situazione, illustrando i pro e i contro derivanti dall’assunzione di questi alimenti

La voglia di riacquistare la forma fisica rapidamente e la tendenza a seguire le mode anche a tavola portano molte persone ad abolire alcuni alimenti, ritenendoli dannosi per l’organismo. Tra i cibi demonizzati ci sono quelli di origine animale – carne e pesce – esclusi ad esempio dalle diete vegane e vegetariane, per le quali quali bisogna però fare attenzione alla corretta assunzione di alcuni nutrienti che potrebbero non essere presenti nelle quantità corrette. Tra queste ci sono le proteine, composti importanti per la nostra salute.

“Le proteine si dividono in animali e vegetali; le prime sono contenute nella carne, nel pesce, nelle uova, nel latte e nel formaggio e forniscono proteine complete, in grado di mantenere la vita e di favorire l’accrescimento perché contengono gli otto amminoacidi essenziali, a differenza di quelle vegetali, presenti soprattutto nei cereali e nei legumi, che mancano di alcuni amminoacidi essenziali”, spiega Roberto Volpe medico dell’Unità prevenzione e protezione del Cnr. “Per gli adulti, il consumo delle proteine non deve essere al di sotto di un grammo al giorno per chilo di peso, quantità che va aumentata in particolari condizioni, quali gravidanza, accrescimento, allattamento, malattie, convalescenza o attività fisica importante – lavorativa o sportiva -, in ragione dell’aumento delle masse muscolari. Non si deve però esagerare: tra gli inconvenienti legati a un’eccessiva introduzione di alimenti ricchi di proteine c’è infatti il sovraccarico lavorativo del rene e l’acidificazione del sangue”.

A fornirci utili indicazioni sulla corretta assunzione di alimenti di origine animale è la Piramide alimentare, grafico che illustra in maniera semplice e chiara i criteri da seguire per mantenere un’alimentazione completa ed equilibrata. “Secondo le Linee guida nutrizionali espresse da questo modello è bene consumare il pesce almeno 2 volte a settimana, il pollame 1-2 volte, la carne rossa meno di 2 volte e i salumi meno di 1 volta. Le ragioni di ciò risiedono nel fatto che il pesce, soprattutto quello azzurro (alici, sgombri, sardine, sarde, acciughe, orata, merluzzo, branzino…), è un alimento ricco di minerali quali iodio, fosforo, fluoro, zinco e di acidi grassi omega-3, grassi noti per la loro azione anti-infiammatoria, anti-trombotica e capaci di ridurre il colesterolo-LDL – causa di malattie cardiache – e di aumentare quello HDL, il cosiddetto ‘colesterolo buono’”, chiarisce il medico del Cnr. “Ne deriva che il consumo di pesce determina una riduzione del rischio cardiovascolare del 10% nella popolazione generale. Non va dimenticato, inoltre, che il pesce, rispetto alla carne, è più facile da masticare e digerire. Per evitare il possibile e dannoso accumulo di mercurio, è consigliabile però variare il tipo di pesce consumato e privilegiare quello di taglia minore, limitando l’assunzione dei cosiddetti predatori come il luccio, il palombo, il pesce spada, lo squalo, il tonno”.

Diverse le caratteristiche della carne. “I grassi saturi presenti nelle carni (e nei formaggi) comportano un aumento del colesterolo LDL ma, va aggiunto, anche di quello HDL. In virtù di questo effetto complessivamente neutro sui lipidi, le meta-analisi ci dicono che il rapporto nei confronti della mortalità cardiovascolare è sostanzialmente neutro, né protettivo, né peggiorativo. Ma, se scindiamo l’apporto di grassi saturi provenienti dai prodotti caseari e dalla carne, vediamo che se i primi sono leggermente protettivi nei confronti delle malattie cardiovascolari, i secondi sono per lo più dannosi e tendono ad aumentarla”, conclude Volpe. “L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità qualche anno fa ha inoltre evidenziato il legame tra elevato consumo di carni rosse e lavorate e aumentata incidenza di alcuni tumori, principalmente quelli dell’apparato gastro-intestinale. Per tale motivo, gli esperti dello Iarc hanno inserito le carni trasformate (ad esempio salsicce, salumi, wurstel) nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene, per le quali esistono forti evidenze come causa di tumore nell’uomo.

Il rischio sembra legato alle sostanze cancerogene che si formano durante la cottura o a quelle utilizzate per la loro conservazione e che vanno a interferire con il Dna umano, innescando la trasformazione di una cellula da normale a tumorale. La carne rossa, invece, che per definizione indica quelle ottenute da muscolo di mammifero – manzo, vitello, maiale, agnello, ma non pollo, coniglio, tacchino e pesce – è stata inserita nel gruppo 2A, che indica le sostanze per le quali l’associazione tra consumo elevato – pari a circa 500 grammi la settimana – e cancro è probabile. Dunque, se non si è vegetariani, considerando i benefici legati all’apporto di ferro, vitamina B12 e zinco, possiamo consigliare, oltre al pesce e al pollame, anche un consumo moderato di carni rosse non processate, preferendo i tagli magri e, in ogni caso, asportando il grasso visibile”.

Fonte: Almanacco Della Scienza – Cnr