Sempre Nomadi: intervista a Beppe Carletti

Il nuovo Album dei Nomadi si chiama “Amore che prendi amore che dai”; un titolo che è anche un segnale di ottimismo rispetto ai tragici momenti che stiamo vivendo.
Sì, è un segnale di ottimismo, è una dedica anche che noi facciamo a tutta la gente, a quelli che in special modo ci hanno voluto bene, che vengono sempre ai concerti e che comprano anche il disco, perché bisogna ringraziarli visto quello che costano i cd.

L’amore, più che in altre occasioni, sembra il filo conduttore di questo vostro nuovo lavoro discografico.
L’amore ci deve sempre essere in qualsiasi cosa, di solito quando si parla di amore, per molti, si intende fra un uomo e una donna. In questo disco c’é l’amore verso Dio, verso altre cose. Di amore ce n’é tanto in questo disco, proprio volutamente messo.

Ma come sempre non c’é solo l’amore; ne “L’angelo caduto” tornano forti i temi sociali: in questo caso la pedofilia e la violenza sui più deboli.
“L’angelo caduto” è un tema importantissimo che non abbiamo mai affrontato nonostante tante canzoni che abbiamo inciso. Cercavamo una canzone così, che parlasse in questo modo della sofferenza di certe persone che sono costrette a condurre una certa vita.

“L’Angelo caduto” era la canzone che avevate proposto per l’ultimo Festival di Sanremo?
A Sanremo i Nomadi avevano proposto per il 2001 “Trovare Dio”, per il 2002 “Sangue al cuore” una piccola raccolta delle canzoni non accettate a Sanremo.

Perchè “Sangue al cuore” non è stata accettata a Sanremo, il ritmo c’era, il testo c’era e c’era soprattutto la storia, quella dei Nomadi?
Credo che non sia il fatto di non aver accettato una canzone ma di non aver accettato i Nomadi. Siamo anche un po’ scomodi, ma penso che a Sanremo i Nomadi potevano anche vincere, perchè rispetto a tanti altri siamo un po’ più popolari.

E poi abbiamo “Il re è nudo”, un re che ci ricorda il presidente americano. Una canzone che sembra risentire di quanto avvenuto l’11 settembre con tutta la catena di orrori che ha portato dalla guerra in Afghanistan, allo scoppio della nuova crisi in Medio Oriente. C’è tutto questo nella canzone, e soprattutto è stata scritta prima o dopo l’11 settembre?
“Il re nudo” è stata scritta molto prima dell’11 settembre, purtroppo è una cosa casuale, non voluta, perché non amiamo mai parlare delle cose che succedono oggi, non l’abbiamo mai fatto. Chiaramente c’è l’allusione al Presidente americano perché quando si parla di scudo spaziale è qua il senso, poi è anche una fiaba, “Il re nudo”. Poi è tante cose messe insieme, tengo molto a dire che non è stata scritta dopo l’11 settembre. Avremmo avuto un pessimo gusto, alcuni artisti lo fanno, i Nomadi non lo hanno fatto neanche questa volta.

In “Sospesi tra terra e cielo” ribadite la vostra volontà di combattere, di non arrendervi al vuoto delle coscienze “…in un mondo senza eroi non ci arrenderemo mai…”. Chi sono gli eroi dei giorni nostri?
Secondo me adesso eroi non ce ne sono, penso che non ci sia bisogno di eroi per risolvere certe cose, bisogna farlo tutti insieme. Ci sarebbe bisogno di ideali, questo sì, ma di eroi no.

I Nomadi nonostante i quasi 40 anni di carriera, la moltitudine di dischi venduti, ogni volta si rimettono in gioco, da un punto di vista sonoro e dei testi, come per le 10 le canzoni presenti in questo album. L’uso della tromba mariachi in un pezzo dal chiaro sapore sudamericano in “Come un fiume” e poi la presenza di una sorprendente voce femminile che interviene, in inglese in due canzoni. Ci si potrebbe domandare perch non vivere di rendita, tutto sommato…
Se vivessi di rendita non mi divertirei più e non avrebbe più senso fare quello che stiamo facendo. L’inserimento della tromba Mariachi, l’inserimento di questa cantante tailandese, May è frutto comunque dei viaggi fatti in questi anni. In ogni disco dal ’94 in poi c’è sempre il sapore di un viaggio e in questo in particolare c’è la tromba mariachi perché abbiamo fatto un viaggi in Messico, alla fine del ’97, e mi ricordo che in Piazza Garibaldi a Città del Messico alla sera si riuniscono tutti i gruppi mariachi, mi sono rimasti impressi. Quando abbiamo pensato alla canzone come un fiume che parla del Sudamerica, proprio per questo spirito, abbiamo deciso di inserire una tromba mariachi. May, è il frutto dell’ultimo viaggio, un viaggio in Cambogia con tanti amici, di ritorno ci siamo fermati a Bangkok e in un piano bar abbiamo sentito questa cantante, mi è piaciuta subito e ho chiesto a da lei se era interessata o se le fosse piaciuto fare un viaggio in Italia, a cantare con i Nomadi che ovviamente non conosceva, e così è andata. E’ andata bene lei è veramente brava, e molto carina. Andrea Griminelli invece è un amico, ci sentivamo sempre, mai fatto cose insieme, questa volta glielo abbiamo proposto, la canzone gli è piaciuta tanto e ha partecipato anche lui.

Un suono che a questo punto potrebbe andare bene per il mercato internazionale. I Nomadi per essere veramente Nomadi dovrebbero andare in giro per l’Europa, e non solo.
Se fosse per me andrei solo in giro per il mondo. L’intervento di May che canta in inglese, della tromba mariachi non è stato concepito per dare internazionalità, ma è per dare qualcosa di nuovo, prima si diceva di non vivere sugli allori. A chi ha sempre comprato dischi dei Nomadi penso faccia piacere sentire che i Nomadi non si fermano, ma cercano sempre di dare qualcosa. Poi a volte puoi dare cose che la gente non gradisce, ma l’importante è fare sempre cose in cui credi. Per quanto riguarda girare l’Europa sarebbe bello, se dipendesse da me, avrei già detto “signori si parte”, andiamo a Parigi, Bonn, Madrid, purtroppo non dipende da noi ma dal successo che può avere un disco in Italia per poi venire esportato.

Come sempre molto vario anche l’uso degli strumenti che riescono a ricreare atmosfere sempre diverse, ma con un’impronta “nomade” inconfondibile. Una canzone dei Nomadi si riconosce sempre.
D’altronde chi suona siamo sempre noi, l’impronta è sempre quella dei Nomadi, anche se usiamo un sintetizzatore, un classico Hammond, che uso in tutte le canzoni, o un pianoforte classico, chi suona sono sempre io. Per quanto riguarda gli argomenti da trattare non possiamo allontanarci più di tanto, ci si riconosce facilmente ed è quello che vogliamo. Se quello che abbiamo fatto fino ad ora fosse da cancellare allora si pu cambiare, visto che siamo ancora qua vuol dire che le cose che sono state fatte bene o male sono state accettate e hanno avuto un certo successo.

Ripensando ai Nomadi del passato una delle cose che maggiormente si notano è la presenza, a volte massiccia, delle chitarre, strumento che alle origini non era da voi quello più usato. Questo dipende da una precisa scelta stilistica o perché nel gruppo sono entrate persone che hanno con la chitarra un feeling particolare?
Il chitarrista che è entrato dal ’90, Cico Falzone, è bravo quindi è giusto dargli spazio, fino a quell’epoca un chitarrista non l’avevamo avuto se non nei primissimi anni, quando c’era Chris Dennis che non era un chitarrista: si adattava ma era un bravo pianista, suonava il violino. Cico piano piano è subentrato, fa delle cose belle ed è giusto che si senta e che la chitarra prevalga sopra ad altri strumenti.

La copertina sembra quasi un film e quindi ricorda anche un vostro vecchio lavoro discografico: perchè la scelta di questa copertina particolare, con queste scene di vita che scorrono?
Chi fa le copertine è Daniele Campani, il batterista. Ha cominciato a farle dalla scomparsa di Augusto, dalla “Settima onda” fino ad oggi. Lui è entrato nel contesto del disco, ha proposto questa immagine che secondo lui si sposava con le canzoni ed era consona all’essere dei Nomadi, anche un po’ un film che ricorda, “Ma che film la vita”, non come copertina ma come intento della vita.

Sono passati dieci anni esatti da quando i Nomadi hanno perso Augusto Daolio e Dante Pergreffi. Come sono stati questi dieci anni; te li aspettavi così ricchi e pieni di soddisfazione?
No, sicuramente no. Chiunque lo avrebbe detto, c’era chi pensava che non riuscissimo neanche a partire. Però questo successo non me lo aspettavo. Sicuramente se siamo ancora qua, vuol dire che abbiamo rispettato tutto quello che abbiamo fatto e abbiamo sicuramente dato un buon seguito alla storia dei Nomadi. C’è chi dice era meglio prima, e che era giusto non continuare ma i fatti ci hanno dato ragione, ha avuto senso continuare anche perchè abbiamo dato modo alle nuove generazioni di andare a scoprire i Nomadi del passato, di andare a scoprire chi erano Augusto e Dante. Direi che in fondo li abbiamo tenuti vivi.

I Nomadi per scelta e vocazione sono praticamente sempre in tour. Come fate a preparare le canzoni nuove, sulla tua auto mentre andate ai concerti?
I Nomadi innanzi tutto sono apertissimi alle proposte che ci fanno ragazzi e ragazze, in questo disco ci sono due ragazze che hanno scritto due brani in cui noi interveniamo, anche perché sarebbe impossibile creare nuove canzoni, anche se alcune sono scritte interamente da noi. Penso che scrivere una canzone è un momento, un attimo, un’ispirazione che tu hai, non è che se stai lì la canzone la fai. C’è chi si mette a tavolino, per quanto riguarda me ti posso assicurare che se scrivo una musica posso stare lì delle giornate ma non mi viene niente, ma casomai delle cose che mi vergogno a fare sentire, poi in tre minuti escono tre note giuste che mi danno il via per costruire la canzone. Siamo aperti alle proposte, se dovessimo fare tutto noi, prima o poi ci si canterebbe addosso, corri il rischio di ripeterti, faresti sempre la stessa cosa, cambieresti delle parole e basta. Così le canzoni sono più “fresche”, forse il termine non è giusto, e vere, sincere, perché non sono costruite, non sono pensate. Vengono proposte e noi le facciamo nostre quando si comincia a impostare la canzone per metterla su disco. Quando viaggiamo ascoltiamo quello che ci viene proposto e cominciamo a pensare a come dovrebbe essere: alla fine escono le canzoni dei Nomadi. Ognuno di noi ha dei compiti, ci mettiamo in cerchio proviamo le canzoni e piano piano la canzone prende forma.

“Amore che prendi amore che dai” che dà il titolo all’Album ricorda anche una frase di Fabrizio De André. è una sorta di piccolo omaggio a De André?
Se ti dicessi di sì sarei un bugiardo, è venuta fuori casualmente, subito non ci avevo pensato sono stati gli amici come te che me l’hanno fatto notare. Ben venga anche se si dice che è un omaggio a De André. De André è sempre De André. Sarebbe troppo facile dire che é stata voluta.

Della serie i Nomadi si rimettono in gioco, dopo il passato con i 45 giri di tanti anni fa adesso avete deciso mettere in vendita un singolo con traccia video, “Sangue al cuore” e qualche un paio di cose interessanti da ascoltare.
E’ la prima volta che facciamo un singolo, l’ultimo singolo che abbiamo fatto è quello di Gordon del ’75. A mettere in vendita una canzone sola c’è da vergognarsi, un minimo costa. Questo sta andando bene, è stato anche in classifica. C’è una traccia cd rom e audio di una canzone, c’è una canzone dei Nomadi dell’album precedente “Liberi di volare” cantata da questa cantante tailandese, abbiamo voluto fare un regalo ai fans e agli amici che seguono e comprano i Nomadi, e c’è “Sangue al cuore”. Penso che alla fine valga la spesa. Lo abbiamo fatto per fare un regalo, nell’album non sarebbe stato possibile.

Questa è una delle grandi cose dei Nomadi, il rispetto per chi viene ai concerti e il rispetto per chi acquista i dischi, 10 le canzoni del cd, 10 i potenziali singoli, vuol dire avere profondo rispetto e dopo 40 anni è una nota di merito.
Se non avessimo avuto rispetto non saremmo qua a parlare. Il rispetto di chi viene ai concerti non è una cosa pensata ma è un cosa che, penso, le persone di buon senso devono avere per le altre persone, qualsiasi cosa facciano. Per i Nomadi il rispetto, la coerenza e la semplicità.

Il prossimo anno saranno 40 anni dalla nascita dei Nomadi; se la vita incomincia a 50, ne avete ancora di strada da fare?
Ah, io ne ho ancora un bel po’. Spero di averla. Il mestiere che sto facendo è il più bello del mondo, non lo cambierei con nient’altro al mondo. Ho superato i 50 anni e i 40 di musica stanno arrivando, spero di arrivare al mezzo secolo. Ed è stato possibile farlo per il merito di tante persone: dai Nomadi, da chi è stato con noi a suonare, da chi non è più sulla terra, dal produttore che non lavora più con noi ma che ha fatto tanto, da tante persone. Non è stata una persona sola, sono un fautore dell’aggregazione, del mettere insieme tante persone, a meno che uno sia un genio… però anche i geni hanno sempre bisogno di chi li aiuta.

I Nomadi, il più longevo gruppo musicale italiano. Beppe Carletti (fondatore e leader, tastiere, fisarmonica, pianoforte), Daniele Campani (batteria), Cico Falzone (chitarre), Massimo Vecchi (basso, voce), Sergio Reggioli (percussioni, violino, chitarra), Yuri Cilloni (voce).

Web: il sito ufficiale (www.nomadi.it/)