La diffusione del Covid-19, con il gran numero di malati e morti che porta con sé, ci ha fatto ricordare – se mai lo avessimo dimenticato – quanto sia importante come forma di prevenzione e tutela della nostra salute il lavaggio frequente e attento delle mani. Sembra un gesto scontato, eppure l’importanza della sua pratica non è sempre stata evidente per tutti, anche per quanti operavano in ambito medico-scientifico, come la storia del medico ungherese Ignàc Semmelweis (1818-1865), e non solo, evidenzia.
Nel 1847, il ventottenne Semmelweis lavorava presso la clinica ostetrico-ginecologica di Vienna, dove, come in altre strutture ospedaliere, il 40% delle partorienti moriva per “febbre puerperale”, che si riteneva causata da uno “squilibrio umorale” del corpo umano. Una motivazione che non convinceva il giovane dottore. “Semmelweis iniziò a raccogliere i dati clinici di moltissime partorienti e analizzò tutte le possibili cause di morte, fino a quando giunse all’osservazione fondamentale: la malattia era molto più frequente nelle donne assistite da medici e studenti che prima a mani nude operavano nelle sale autoptiche che non in quelle assistite dalle ostetriche”, racconta Giorgio Iervasi, direttore dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr di Pisa. “Questa importante constatazione lo portò, a sua volta, a un’intuizione sostanziale: a determinare la morte delle future mamme erano ‘forme organiche’ di origine cadaverica veicolate dalle mani dei medici. E per dimostrare la propria ipotesi convinse gli studenti a effettuare uno lavaggio scrupoloso delle mani prima dei parti. Questa procedura semplice fu sufficiente a ridurre subito di oltre venti volte la mortalità”.
Sebbene avesse dimostrato in modo evidente la giustezza della sua intuizione e fosse in seguito molto apprezzato, tanto che anche lo scrittore Louis-Ferdinand Céline dedicò la sua tesi di laurea alla vita di Semmelweis, lo scienziato fu attaccato dalla comunità scientifica contemporanea e costretto a lasciare la struttura ospedaliera; fu poi addirittura internato in manicomio, dove morì a soli 47 anni. La sua eredità però non andò perduta del tutto, dal momento che fu proprio partendo da quanto il medico viennese aveva scoperto che prese le mosse Joseph Lister (1827-1912), che conosceva anche le teorie di Louis Pasteur sulla fermentazione causata dai microrganismi. “A metà dell’800 la mortalità chirurgica da infezioni, che allora erano sconosciute, era altissima ma normale se si considerano le condizioni igieniche disastrose delle sale operatorie, affollate da studenti senza alcuna protezione, con i chirurghi vestiti con lunghe tuniche insanguinate e che operavano a mani nude, senza mai lavarle e adoperando sempre gli stessi strumenti”, prosegue il ricercatore del Cnr-Ifc. “Lister notò che le lesioni chiuse, prive cioè di lacerazioni cutanee, guarivano più facilmente di quelle aperte, che spesso invece andavano incontro a cancrena; ribaltò quindi le teorie dell’epoca secondo cui i gas patogeni che si producevano durante il processo cancrenoso non erano la causa della malattia bensì il risultato di un processo primitivo sostenuto da microrganismi presenti sulla cute, simile alla fermentazione appena dimostrata da Pasteur”.
Questa intuizione portò il chirurgo a compiere l’importante passo successivo: la ricerca di una sostanza non tossica ma capace di arrestare la crescita dei microrganismi e la conseguente putrefazione dei tessuti “A Lister si deve l’introduzione in chirurgia del primo antisettico, il fenolo, per detergere le ferite, per la disinfezione delle sale operatorie, della strumentazione e, prima ancora, delle mani dei chirurghi”, aggiunge Iervasi. “A differenza di Semmelweis, però, Lister malgrado fosse per molti anni deriso e screditato, con il tempo ebbe il riconoscimento che meritava sia scientifico, con la pubblicazione del suo metodo di antisepsi ‘Antiseptic Principle of the Practice of Surgery’ nel 1867 sulla prestigiosa rivista ‘The Lancet’, sia personale, con la nomina a presidente del Royal College of Surgeons, con il titolo di baronetto e la denominazione del bacillo responsabile della listeriosi in suo onore”.
Sorte simile a Semmelweis e Lister ebbe anche Louis Pasteur (1822-1895), che contribuì come loro a contrastare il gran numero di decessi provocati dai germi concentrati nelle mani e negli strumenti dei chirurghi, che si verificava negli ospedali in seguito alle amputazioni. Fu proprio grazie a una riforma ispirata ai lavori dello scienziato francese e basata sui lavaggi delle piaghe che le morti si ridussero drasticamente. Pasteur fu comunque vittima di una campagna denigratoria guidata da Robert Koch. “Anche l’illustre scienziato tedesco Justus von Liebig attaccò duramente Pasteur, rifiutando pregiudizialmente di credere che i microrganismi fossero responsabili del processo di fermentazione e non accettando, come buona parte della comunità scientifica guidata da Koch, che i batteri fossero causa di malattie”, conclude Iervasi. “Ma Pasteur, come Lister, riuscì comunque a ottenere in vita significativi riconoscimenti, tra i quali, l’intitolazione, nel 1888, dell’Istituto antirabbico parigino e l’offerta da parte governo della Repubblica dell Gran Cordone della Legion d’onore per meriti scientifici”.
Fonte: Cnr di Pisa – Consiglio Nazionale delle Ricerche – www.cnr.it