Prigioniera del dolore

Scrive. E scrivendo racconta il suo dolore. Un dolore che l’accompagna da sempre. È madre di due bambini, ma il ricordo dei fratelli perduti proietta sui sui figli ombre cupe, e su lei, grandi paure. Non ci si può nascondere nel proprio dolore. Condividerlo è l’unico modo per affrontarlo.

Prigioniera del dolore

“Sono una signora di 37 anni ho due figli e spesso soffro di attacchi d’ansia. Questa ansia è incontrollabile e mi assale improvvisamente. Ho paura che i miei figli si ammalino e penso subito alla morte. Vivo proprio l’ansia di chi sa per certo che suo figlio sta per morire, basta un raffreddore, un foruncolo, un colpo di tosse per andare in piena crisi. Vorrei dei consigli per controllare questa forte paura, c’è da dire che a tredici anni ho perso mio fratello che ne aveva dieci a causa di una terribile malattia. Questa esperienza mi ha danneggiata e non riesco ad uscirne fuori. Esiste in me un eterno conflitto tra la parte razionale che mi dice che sto esagerando e che non c’è nessun motivo per essere così preoccupati, che è normale avere un po’ di febbre, un raffreddore, etc. e l’altra parte emotiva che mi fa passare per la mente le cose più brutte e nefaste che esistono. Mi assale un terribile senso di vuoto e di impotenza uguale a quello che ho provato quando ho perso mio fratello. Purtroppo la mia infanzia non è stata facile, sin da piccola sono stata costretta a vivere in una famiglia in cui questa malattia terribile, la fibrosi cistica, ha fatto morire quattro dei miei fratelli tre piccoli di cui non ricordo niente e quello di dieci anni che era tre anni più piccolo di me, ho visto tutte le sue sofferenze gli sono stata sempre vicina, sin da piccolo ho imparato a curarlo a dargli l’ossigeno quando a volte aveva crisi di soffocamento. Eravamo legatissimi e la sua morte e quella dei miei fratelli mi ha fatto sentire sempre in colpa perchè ho sempre pensato che io non avevo alcun diritto di nascere sana e piena di salute mentre gli altri sono nati malati e il più piccolo ha dovuto addirittura soffrire così tanto nella sua brevissima vita. A volte quando mio fratello non poteva respirare bene la notte io mi punivo respirando come lui, e avrei dato decisamente la mia vita per salvare la sua. Questa è la mia triste storia vorrei dei consigli per superare il mio vissuto perchè ho paura di danneggiare i miei figli con la mia ansia e di non essere una buona madre”. F.

L’immagine di lei piccola che respira come suo fratello perché si sente in colpa perché sta bene mi ha raggelato… e commosso.
Mi viene alla mente se lei ha mai detto questo a qualcuno, da piccoola o da grande, e, per quel che sento, non credo.
Dico cioè che tutti questi suoi dolori sono ancora lì, dentro quella bambina piccola diventata oggi mamma.
Non so se ne abbia mai avuto consolazione ma ho l’impressione di no perchè chi si sottomette con amore alla sofferenza altrui non pensa che sia utile socializzare la propria.
Però a tutto c’é un limite e, goccia dopo goccia, lei arriva al tracollo e finalmente parla.
Sono onorato di essere probabilmente il primo essere umano a raccogliere la sua sofferenza ed a sentire come lei la esprime. La sua stabilità dipende solo da quanto di ciò che ha vissuto lei esternerà alle persone che le sono intorno o a qualcuno disposto ad ascoltare.
Ciò che esce da lei la libera, tutto ciò che rimane compresso e schiacciato all’interno la porterà verso le ossessioni che ben mi descrive.
Si apra. C’é qualcuno disposto ad ascoltare.

a cura del dr. Vincenzo Masini, Prevenire è possibile