Topi mutanti insensibili alla cocaina

Da uno studio sul recettore GPR37 dell’Ibc-Cnr un modello animale meno sensibile agli effetti stimolanti prodotti dalle droghe d’abuso. Una strada per la possibile produzione di loro antagonisti farmacologici.

Un recettore presente nel cervello dei mammiferi, chiamato GPR37, può provocare una maggiore sensibilità, sia a sostanze tossiche legate al morbo di Parkinson, sia agli effetti stimolanti della cocaina e di altre droghe. Lo sostiene un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biologia cellulare (Ibc) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Monterotondo, guidato dal direttore, prof. Glauco Tocchini-Valentini, in uno studio pubblicato sull’ultimo numero di PNAS, Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA.
La ricerca ha dimostrato come il recettore di membrana GPR37, presente nei neuroni dei mammiferi, riesca a modulare l’attività del trasportatore della dopamina (DAT), che è il principale regolatore del livello di dopamina nelle sinapsi neuronali. La dopamina è un neurotrasmettitore della famiglia delle catecolamine, che viene rilasciato nel cervello dei mammiferi a livello della substatia nigra, ed agisce come regolatore fondamentale di tutte le principali risposte motorie ed emotive dell’organismo ai più svariati stimoli ambientali.

Il gruppo di Monterotondo ha inoltre prodotto topi geneticamente modificati in cui è stato rimosso il gene che produce il recettore GPR37. “In questi topi, l’assenza di GPR37 provoca un aumento dell’attività della proteina DAT e quindi una diminuzione generale delle risposte motorie dell’animale”, spiegano i ricercatori. “In particolare, i topi mancanti di GPR37 sono nettamente meno sensibili agli effetti stimolanti della cocaina e costituiscono perciò un nuovo modello per lo studio in vivo degli effetti della somministrazione e dipendenza da droghe d’abuso di grandissimo impatto sociale e per la possibile produzione di loro antagonisti farmacologici”.
Questa ricerca è stata svolta presso il Campus “A. Buzzati-Traverso” di Monterotondo, creato nel 1996 dal Cnr, con l’obiettivo essenziale di sviluppare ed internazionalizzare la ricerca biologica e biomedica italiana. A Monterotondo è stata infatti costituita l’infrastruttura in rete dell’Archivio Europeo dei Mutanti (EMMA), unica in Europa, realizzata dal Cnr con il sostegno finanziario dei Programmi Quadro dell’Unione Europea.

“Presso EMMA sono già disponibili oltre 1000 ceppi mutanti, modelli ad hoc di malattie umane, in particolare per quanto riguarda malattie complesse multifattoriali, e si prevede l’archiviazione e la distribuzione di 300-500 nuovi ceppi all’anno”, dice Tocchini-Valentini. EMMA, in collaborazione con le altre Istituzioni presenti a Monterotondo, si pone come paradigma per le nuove infrastrutture di ricerca Europee, la cui importanza essenziale è stata recentemente ribadita anche in una lettera alla rivista Nature (pubblicata il 24 maggio u.s.) da parte di Iain Mattaj (Direttore Generale di EMBL) e Tocchini-Valentini.
Il Campus di Monterotondo – che ospita oltre 150 ricercatori e tecnici specializzati, di cui circa 70 di provenienza internazionale – è federato con il “Jackson Laboratory”, la principale Istituzione a livello mondiale operante nel campo della biologia e della genetica dei mammiferi, e con l’Università di California a Davis, con la Harvard Medical School di Boston e con l’Università del Manitoba a Winnipeg, tramite accordi con l’Istituto di biologia cellulare che permettono un fattivo coordinamento e sviluppi complementari delle attività di ricerca e formazione.