Molto è stato scritto sui rischi del basilico, che sarebbe un potente cancerogeno, così come della stessa tisana di finocchio, fin a terrorizzare gli amici della Liguria che di pesto ci vivono e tutti coloro che si sentono meglio con un semplice e banale infuso digestivo.
Da che mondo è mondo l’uomo però è a contatto con queste sostanze alimentari, in particolare aromi presenti abbondantemente nella cucina mediterranea. Stonava pertanto l’idea, peraltro certamente teorizzabile, che tali alimenti, nascondessero temibili insidie. Idea però teorizzata improvvidamente, basandosi sul fatto che l’estragolo, presente in tracce sia nel basilico che nel finocchio, sarebbe responsabile di tumori.
Sarebbe, perchè questo nell’uomo non è mai stato dimostrato. Non solo, ma ora sappiamo anche perchè non è vero: gli studiosi hanno fin ora dimenticato che nessuno si somministra l’estragolo in vena o nel peritoneo, cosa che provocherebbe certamente dei grossi guai! La ricerca invece ha recentemente dimostrato che il basilico che mangiamo in realtà contiene la nevadensina, una sostanza che impedisce l’attivazione dell’estragolo, non solo, contiene anche sostanze ad attività anticancerogena. Quindi quale rischio? Le tisana a base di finocchio invece, per le quali pure non è mai stato dimostrato alcun rischio, contengono antiossidanti e anticancerogeni (anetolo e flavonoidi) 100 volte più dell’estragolo, che peraltro viene metabolizzato in percentuali infinitesimali.
Ecco quindi due esempi clamorosi di come la natura ci offra già, su un piatto d’argento, alcune potenti sinergie d’azione anticancro. Altri esempi di sinergie sono poi creabili ad arte dal medico quando somministri sostanze naturali durante la chemioterapia per ridurne certi effetti collterali o, al contrario, per migliorarne l’azione, come ad esempio la curcumina, il resveratrolo, le catechine del tè verde o i polisaccaridi di molte piante.
Fabio Firenzuoli
Centro di Medicina Naturale, Ospedale S. Giuseppe, Empoli