La scienza non fa rima con donna

Uno studio condotto dai ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) per conto della Commissione Europea – DG Ricerca&Sviluppo, mette in luce l’enorme divario esistente nel mondo scientifico tra uomini e donne: considerando un campione di circa 100.000 brevetti e 30.000 pubblicazioni il sesso femminile occupa infatti appena il 25% circa del totale.

Che si tratti di un terribile virus che si aggira tra i laboratori scientifici colpendo le donne scienziato e rendendole improduttive? Leggendo i dati dello studio effettuato in collaborazione tra CNR e Biosoft sas per conto della Commissione Europea a qualcuno il dubbio potrebbe anche essere venuto. Infatti dallo studio Scientific and Technological Performance by Gender emerge che su un campione di circa 100.000 brevetti e 30.000 pubblicazioni le donne occupano appena il 25% circa del totale.
In particolare, per quanto riguarda le sole pubblicazioni scientifiche si può osservare che solo in 3 Paesi gli autori donna sfiorano il 30% (Spagna 28,5%; Italia 28,1%; Francia 27,5%), mentre per il resto si attestano intorno al 20% (Svezia19,9%; Gran Bretagna 18,7%; Germania 15,3%;). Entrando più nel dettaglio, si scopre che le discipline in cui le donne risultano più attive sono le Scienze della Vita (Biologia 29,5%; Biomedicina 28,8%; Fisica 23,8%, Medicina 22,1%), mentre sono particolarmente “deboli” in Matematica (12,4%) e Ingegneria (16,8%).

Quando si parla invece dei brevetti si potrebbe restare negativamente colpiti dalla percentuale di donne presenti nelle scoperte della Spagna: appena il 15,8%. Un dato che diventa tuttavia particolarmente positivo, se si considera la situazione negli altri Paesi: 11,1% di donne inventrici in Francia, 8,8% in Italia, 7,6%in Gran Bretagna, 6,3% in Svezia e addirittura solo il 4,6% in Germania.
“Lo studio aveva l’obiettivo di mettere a punto una metodologia di analisi – sottolineano Fulvio Naldi e Ilaria Vannini Parenti, autori della ricerca – che la Commissione intende ora estendere agli altri Paesi dell’Unione Europea e a un periodo di almeno 5 anni per poter valutare l’evoluzione nel tempo. Per capire meglio quanta strada occorra ancora percorrere per dare alle donne il ruolo che meritano, sarà necessario incrociare questi dati con altri indicatori socio economici e, soprattutto, col numero di uomini e donne impegnati nei vari settori della ricerca e sviluppo”.

In certe discipline – come ad esempio le biotecnologie (20,8%) o la Farmaceutica e Cosmesi (19,6%) – il sesso femminile vede aumentare considerevolmente la propria presenza nel campo dei brevetti, ma il divario dagli uomini resta ancora troppo grande: “Il dato che più ci ha meravigliato – osservano Fulvio Naldi e Ilaria Vannini Parenti – è che nei Paesi latini, considerati di solito i più “maschilisti”, la partecipazione femminile è molto più alta che nei Paesi del nord e centro Europa. E questo si verifica sia nel campo scientifico sia in quello dell’innovazione tecnologica”.
Per ulteriori informazioni: Fulvio Naldi e Ilaria Vannini Parenti e-mail: naldi@area.mi.cnr.it

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