Raggi X? L’organismo risponde aumentando gli antiossidanti

Un studio realizzato dagli Istituti di fisiologia clinica e di scienze dell’alimentazione del Cnr, pubblicato oggi su European Heart Journal, dimostra che le radiazioni a cui sono esposti i cardiologi interventisti attivano delle modificazioni cellulari in ‘difesa’ dagli effetti nocivi delle radiazioni stesse.

I raggi X a cui sono esposti i cardiologi interventisti che eseguono coronarografie, studi emodinamici, angioplastiche metterebbero in moto un meccanismo di protezione cellulare contro gli effetti dannosi delle radiazioni stesse. A dimostrarlo, lo studio del Consiglio nazionale delle ricerche pubblicato sulla rivista European Heart Journal, coordinato da Eugenio Picano, direttore dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc-Cnr) di Pisa, con il coinvolgimento dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr) di Avellino.
“Il nostro studio ha preso in esame dieci cardiologi interventisti costantemente esposti ai raggi X”, spiega Picano.

“Abbiamo constatato che in questi soggetti, esposti a livelli di radiazioni ionizzanti su base annua 2-3 volte superiori a quelli dei radiologi, aumentano sia i livelli di glutatione (maggiore di 1,7 volte), un antiossidante che protegge dal danno causato dai radicali liberi dell’ossigeno (Ros), sia quelli di perossido di idrogeno, un marcatore dello stress ossidativo causato dai Ros. Inoltre, nei linfociti degli stessi individui aumenta l’attività di un enzima, caspasi-3, coinvolto nella morte cellulare programmata (apoptosi), un efficace processo di rimozione di cellule geneticamente danneggiate”. “In sostanza”, prosegue Picano, “dal nostro studio emerge che l’esposizione costante a determinate dosi di radiazioni comporta dei cambiamenti a livello cellulare che generano un meccanismo di autodifesa dell’organismo nei confronti degli effetti nocivi delle radiazioni stesse”.

I dati sull’esposizione dei cardiologi sono stati ottenuti dai badge dosimetrici, mentre le misurazioni del glutatione, del perossido di idrogeno e della caspasi-3 sono state eseguite su prelievi ematici dei soggetti coinvolti nello studio.
“I risultati”, aggiunge Gian Luigi Russo, coautore del lavoro e ricercatore dell’Isa-Cnr “sottolineano che l’esposizione a un livello di radiazione considerato ‘sicuro’ secondo gli standard di esposizione per i cardiologi interventisti, può indurre profondi adattamenti biochimici e cellulari. Ora, non è ancora chiaro se questi cambiamenti rappresentino delle modifiche adattative ‘positive’ o se siano forieri di patologie clinicamente rilevanti, dal momento che un aumento dei danni al Dna, un aumento dello stress ossidativo e dell’attività apoptotica sono stati associati allo sviluppo di diverse patologie”.
In ogni caso la ricerca dischiude importanti implicazioni sia cliniche sia di ricerca di base. “I cardiologi interventisti, anche se per fortuna hanno sviluppato almeno parzialmente delle contro-difese antiossidanti in risposta allo stress indotto dalle radiazioni”, conclude Russo, “sono invitati a compiere ogni sforzo nella loro pratica quotidiana per ridurre al minimo la propria esposizione, in accordo con la cultura della radioprotezione”.
(Fonte: CNR)

Per saperne di più: il sito del CNR

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