La sigaretta riduce l’attenzione

Nell’immaginario collettivo la sigaretta tra le dita dello scrittore a corto di idee suggerisce un aumento dell’ispirazione e della concentrazione. Ma è solo un alibi del fumatore: non è così. Anzi, la nicotina, componente attiva del tabacco, altera la capacità dei neuroni di comunicare tra loro e di elaborare le informazioni, con conseguente riduzione della nostra capacità di prestare attenzione.

È questo il risultato di uno studio condotto dal team di neurobiologi della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (Sissa), coordinati da Enrico Cherubini e pubblicato su The Journal of Neuroscience.
In particolare, gli scienziati della Sissa hanno dimostrato che anche una piccola quantità di nicotina – quella presente nel sangue dopo aver fumato due sigarette – è in grado di inibire il funzionamento degli interneuroni dell’ippocampo, regione del cervello essenziale per l’apprendimento e la memoria, alterando le nostre funzioni cognitive.

Gli interneuroni fanno sinapsi con altri neuroni e formano circuiti locali: modulando l’impulso nervoso, regolano l’azione delle cellule principali affinché riescano a gestire gli impulsi sensoriali.

“Gli interneuroni”, spiega Enrico Cherubini, “liberando simultaneamente, dai loro terminali, l’acido gamma-aminobutirrico, il principale neurotrasmettitore inibitorio presente nel cervello, riescono a sincronizzare migliaia di cellule eccitatorie e danno origine ai ritmi responsabili delle funzioni cognitive superiori. Entrando in risonanza, cioè agendo all’unisono, ci consentono di elaborare le informazioni che riceviamo dall’esterno”.

Ulteriori test sul comportamento di queste cellule, stimolate con specifiche sostanze chimiche, hanno confermato che alcuni interneuroni dell’ippocampo risentono negativamente anche di esigue concentrazioni di nicotina.
“Questa sostanza riesce a bloccare direttamente particolari canali ionici localizzati sulla loro superficie, coinvolti nella ritmogenesi e molto simili a quelli responsabili del ritmo cardiaco”, precisa Cherubini. “Si tratta di un meccanismo inibitorio diverso da quello finora noto, determinato invece dall’attivazione da parte della nicotina di recettori specifici presenti sulla superficie delle cellule nervose”. (Fonte: Almanacco della scienza – CNR)
Per saperne di più: il sito dell’Almanacco della scienza – CNR

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