Nuova scoperta sul ‘ricambio’ dei neuroni

L’ischemia può portare all’ictus, che in Italia colpisce 200 mila persone l’anno ed è la terza causa di morte. Una ricerca cui hanno partecipato Iac-Cnr e Fondazione Santa Lucia di Roma, pubblicata su PLoS ONE, ha individuato alcuni fattori che impediscono la formazione di nuove cellule cerebrali.

Una ricerca internazionale alla quale hanno partecipato ricercatori dell’Istituto per le applicazioni del calcolo del Consiglio nazionale delle ricerche (Iac-Cnr), della Fondazione Santa Lucia di Roma, dell’Università dei Paesi Baschi e dell’Istituto Leibniz di Magdeburgo in Germania, pubblicata oggi su PLoS ONE, ha individuato alcuni fattori che, dopo un episodio di ischemia cerebrale, impediscono la formazione di nuovi neuroni ad opera di staminali cerebrali.
Durante un’ischemia, quando il sangue non arriva più a una porzione del cervello, per esempio a causa dell’ostruzione o della rottura di un vaso sanguigno, alcuni neuroni cominciano a morire per mancanza di ossigeno e di altri elementi nutritivi. L’ischemia, nei casi più gravi, può portare all’ictus, che in Italia colpisce ogni anno 200 mila persone ed è la terza causa di morte. Ma, al posto di quelle ‘morte’, possono nascere nuove cellule cerebrali? In teoria sì, però nonostante l’intensa attività di ricerca degli ultimi dieci anni molte cose restano ancora da capire.

“Un modello matematico”, spiega Roberto Natalini dell’Istituto per le Applicazione del Calcolo del CNR, “ha ora permesso di confermare il ruolo di alcuni fattori inibitori della possibilità di rigenerare nuovi neuroni in un cervello adulto, oltre che di simulare l’attività di queste cellule durante la crisi ischemica, aprendo così la strada a una sperimentazione più affidabile di nuovi farmaci in grado di potenziare l’azione delle cellule staminali ‘riparatrici’”. “In seguito a un’ischemia, il cervello tenta faticosamente di ripararsi: alcune staminali di una precisa area, chiamata zona subventricolare, vengono allertate da segnali chimici emessi dalle cellule danneggiate, una sorta di ‘chiamata di soccorso’”, spiega Cinzia Volontè, ricercatrice della Fondazione Santa Lucia e dell’Istituto di neurobiologia e medicina molecolare (Inmm) del Cnr. “Queste staminali rispondono producendo nuove cellule, chiamate precursori neuronali, che si muovono per andare a sostituire i neuroni danneggiati. Il nostro gruppo ha scoperto che l’ostacolo principale da superare, in questo caso, si chiama ATP, adenosinatrifosfato: una molecola chiave del metabolismo energetico della cellula, che viene rilasciata durante un’ischemia e che, se presente nello spazio extracellulare in dosi massicce, inibisce l’azione delle staminali e dei precursori”. La ricerca ha mostrato come questo meccanismo dipenda da un numero abbastanza ridotto di fattori, riproducendo, con un modello matematico al computer, i risultati ottenuti in sperimentazione su ‘fettine’ di cervello di topo. “La simulazione”, dice Filippo Castiglione, ricercatore Iac-Cnr, “da un lato ha permesso di validare le conclusioni biologiche (i fattori considerati sono stati sufficienti a spiegare i risultati) e, dall’altro, permetterà in futuro di condurre sperimentazioni tridimensionali realistiche, che sarebbero impossibili a livello biologico, misurando e ottimizzando le prestazioni dei farmaci, allo scopo di aprire la strada a nuove terapie farmacologiche di tipo rigenerativo”.

La parte biologica della ricerca si è svolta in laboratorio, utilizzando un modello cellulare formato da lamine sottili di cervello di ratto, contenenti sia parti di corteccia sia la zona subventricolare di produzione delle staminali. In queste lamine è stata indotta in vitro un’ischemia, ed è stata studiata la capacità di generazione e di migrazione di nuovi precursori. “Il composto commerciale PPADS (antagonista dei recettori per l’APT) ha mostrato una elevata capacità di ridurre l’effetto inibitorio causato dall’ATP sui precursori attivati in seguito al danno provocato dall’ischemia cerebrale”, afferma Fabio Cavaliere, coautore dello studio, biologo del laboratorio Neurotek, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università dei Paesi Baschi.
Sotto il profilo computazionale, un modello matematico ha riprodotto lo svolgersi di questi esperimenti, simulando l’attività delle cellule staminali, con o senza farmaci. “Questo modello”, conclude Natalini, “è basato su delle equazioni differenziali di bilancio di massa che tengono conto di come evolvono le densità di cellule staminali e di precursori e le concentrazioni delle molecole, inibitrici o attivatrici. Il confronto tra gli esperimenti biologici e le simulazioni numeriche ha permesso di affinare il modello matematico, fino a renderlo più preciso ed efficace, stabilendo così un sostanziale accordo tra esperimenti e simulazioni”.
Secondo Fabio Cavaliere “questa ricerca è un primo passo verso la comprensione profonda di questi fenomeni. Studi ulteriori saranno necessari per capire come si comportano i precursori alla fine della migrazione, una volta arrivati nell’area danneggiata, e il modello matematico dovrà essere esteso a coprire tutto il ciclo rigenerativo. Sono sempre più convinto che discipline translazionali come neuroscienze e matematica costituiranno il futuro per lo sviluppo di nuove terapie nel campo della medicina rigenerativa”.
Per saperne di più: Consiglio Nazionale delle Ricerche

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